Il Tibet è universalmente riconosciuto per la bellezza dei suoi templi buddisti, ma quale è stato lo sviluppo di questa religione nel Paese del Dragone? Inoltre, quali differenze ci sono tra il buddismo cinese continentale e quello lamaista, originario dell’altopiano tibetano? Ed ancora, possiamo riscontrare che differenze tra il buddhismo del sud es- asiatico (Thailandia o Cambogia) e quello presente sul tetto del mondo?
Il buddhismo fu la prima grande religione importata in Cina dall’estero. Originato in India nel VI sec. a.C., si crede che fosse conosciuto nelle regioni occidentali della Cina già nel I sec. a.C., grazie ai fitti rapporti commerciali che attraverso lo Xinjiang si sviluppavano con i paesi dell’Asia centrale. Ma il suo ingresso “ufficiale” si pone tradizionalmente intorno agli anni 65-68 d.C., allorquando l’imperatore Mingdi della dinastia degli “Han Orientali” avrebbe inviato verso i “regni dell’ovest” una delegazione che condusse in Cina alcuni monaci buddhisti indiani, con dei loro libri sacri. Ancora oggi il monastero del Cavallo bianco (Baimasi) a Luoyang, nella Provincia dello Henan, ne conserva la memoria.
Tuttavia il buddismo, a differenza di altre religioni come quella cristiana, è totalmente scevro di una gerarchia, ciò comportò che non vi è una vera ortodossia di come leggere i Sutra, ma ognuno può liberamente interpretarli al fine di raggiungere il Nirvana. Ciò comportò alla formazione di numerose scuole di pensiero, e quella Lamaista, originaria del Tibet, è sicuramente una delle più famose.
Come si sa, la dottrina buddhista mira essenzialmente all’eliminazione della sofferenza e all’ottenimento di una felicità stabile: due risultati di cause che sono costituite dalle azioni negative e positive compiute dagli esseri umani. Per questo il karma, che letteralmente significa volizione e azione, viene accumulato sotto forma di impronte e depositate sulla nostra coscienza. Gli esseri ordinari trasmigrano senza libertà nei sei stati di esistenza del samara, fino a che riescono a sottrarvisi. Aspettando di giungere in questo “paradiso”, i fedeli, anche per assicurarsi il successo di una impresa in questa vita, cercano di accumulare meriti, compiendo azioni virtuose. Si può dire che questa, semplificando all’osso, è l’essenza del pensiero religioso lamaista. Ma quali sono le pratiche religiose principali?
La “presa di rifugio”
Nella vita quotidiana, la pratica più corrente è la “presa di Rifugio” accompagnata da prostrazioni all’interno del tempio, davanti a uno stupa (un tchorteni in tibetano) contenenti le reliquie di un buddha o di un grande maestro. Queste preghiere, tuttavia possono essere svolte anche in casa propria, davanti all’altare domestico, a volte una semplice tavola di legno sulla quale sono collocati gli oggetti di devozione. Come tutte le pratiche, questa, per essere una pratica del dharma (la dottrina) buddhista, deve essere presieduta da una motivazione pura, quale la ricerca di una prossima esistenza favorevole, la liberazione dal samsara o la speranza del Risveglio.
Mantra e mulini da preghiera
Senza dubbio la pratica più diffusa è quella della recita dei mantra, formule sacre dal potere quasi magico. Per i Tibetani un mantra autentico non può essere che in sanscrito. Man significa “spirito” e tra “proteggere”. Sono formule costituite da parole o da sillabe, con o senza senso, in relazione con un rituale e una divinità; esse vengono recitate il massimo numero di volte possibile allo scopo di accumulare meriti e di ottenere la purificazione dei propri Karma negativi, una protezione, una guarigione, una realizzazione spirituale qualunque o anche prosperità o progenie.