Concludiamo oggi il nostro percorso nella meditazione buddhista parlando degli “impedimenti” e dell’importanza della concentrazione.
Gli ostacoli per una buona meditazione sono cinque e vengono definiti i ‘cinque impedimenti’: desiderio sensuale, la malevolenza, la pigrizia, l’agitazione/preoccupazione e il dubbio. Questi inquinanti invadono la mente, facendola deviare dalla sua calma concentrata e dalla visione profonda.
Il desiderio sensuale non coincide con quello sessuale, ma è relativo alla brama, alla cupidigia diretta a tutto ciò che rappresenta l’oggetto dei nostri sensi. La malevolenza è sinonimo di avversione e sconfina nell’ira, nell’odio e nel risentimento verso persone, situazioni e oggetti. L’irrequietezza conduce invece la mente di pensiero in pensiero, reificando lo stato ansioso e dando vita anche al dubbio, da intendersi come incapacità nel decidersi nella pratica spirituale, spesso collegata anche alla pigrizia.
La concentrazione
Per molti, concentrazione e meditazione sono due aspetti differenti. Vigile focalizzazione contro pura trascendenza. In realtà, la concentrazione è uno step obbligato per l’aspirante meditatore.
Una volta entrati in questo stato, si passa poi all’attenzione, ovvero all’acquisizione di quella capacità di dirigere intenzionalmente la nostra attenzione mentale verso qualcosa. L’ultimo passo da muovere è quello del cosiddetto vuoto mentale, rappresentato dallo sgomberare la mente da ogni pensiero e immagine dell’esperienza abituale per lasciar posto a intuizioni provenienti da altri livelli esperienziali. Ci concentriamo qui sulla concentrazione della meditazione. La concentrazione ‘frontale’ rappresenta solo un passo preparatorio all’esercizio principale della concentrazione detta ‘interiore’. Qui l’oggetto di consapevolezza è interno. Il meditante cioè passa alla rappresentazione interna dell’oggetto che prima era esterno.