Per karma si intendono gli atti medianti i quali, per la legge generale di causa ed effetto, un individuo predispone e genera il proprio destino futuro. Premesso che si tratta di un principio riguardante l’individuo, la coscienza ed il comportamento – senza l’intervento di alcuna entità superiore – questa legge non prevede nel suo processo alcuna eccezione né deroga. La simbologia si concilia con il karma, senza apparente contraddizione, poiché la conoscenza dello schema fondamentale della realtà, sulla quale ogni consuetudine si sedimenta, deve tenere conto del karma. Si tratta di comprendere il karma, senza un approccio schematico o meccanicistico. Utilizzare simboli ed eseguire rituali non significa affatto rifugiarsi in un orizzonte irrazionale, di primitiva superstizione.
All’opposto, quello che viene proposto è un atteggiamento di tipo energetico che ricade sulle forze e sulle condizioni presenti, nel quale, tuttavia, la sensibilità non è assente. Mediante tali auspici, nella loro semplicità, si ha occasione di mobilitare forze, spirituali e soprattutto psicologiche, atte a favorire un dato evento, attraverso una maggiore predisposizione individuale all’evento stesso di cui si desidera la realizzazione.
Date queste considerazioni iniziali, vale la pena di dedicarsi ad un particolare gruppo di simboli diffusi nella cultura tibetana, gli aṣṭamaṃgala, conosciuti in Occidente come gli Otto Simboli di Buon Auspicio. Gli aṣṭamaṃgala traggono la loro prima origine dal mondo culturale indiano, dove gruppi di oggetti simbolici venivano associati alla figura del sovrano e alla sua regalità. Nel Buddhismo sono associati a diverse qualità e principi, e sono di comune utilizzo – pur con alcune variazioni grafiche e con un numero sequenziale progressivo differente – nella regione del Tibet- Xizang, nel resto del mondo buddhista cinese, in Nepal ed in Mongolia.
È frequente notare come questi elementi ornino tanto gli edifici religiosi quanto le abitazioni private, decorino i mobili, gli oggetti artigianali ed anche il vestiario. Alcuni scorgono, suggestivamente, anche negli orizzonti formati dalle catene montuose himalayane questi simboli.
Gli Otto Simboli di Buon Auspicio, chiamati anche Otto Preziosi Simboli, costituiscono uno dei più antichi e conosciuti gruppi di simboli della cultura tibetana. Sono presenti già a partire dai testi canonici del Buddhismo indiano, cioè nei testi redatti in lingua pali e in sanscrito. Si tratta di oggetti, animali o piante che servivano da oggetti rituali o che comunque venivano identificati come segni di prestigio. Da sempre utilizzati nelle cerimonie tradizionali e nelle occasioni speciali, hanno assunto nel corso dei secoli un’importanza sempre maggiore. Gli otto simboli di buon augurio si trovano spesso riprodotti sulle kate (la sciarpa tibetana di buon auspicio e benedizione), vessilli, arazzi, tangka, bandiere, braccialetti, collane e incisi sugli oggetti più disparati. Possono inoltre decorare muri e travi, il lati dei troni e molti altri oggetti sia di uso religioso che profano. Vengono talvolta tracciati sul terreno con polvere bianca quando è previsto il passaggio di qualche importante personalità religiosa o civile