Gli esperti hanno completato il lavoro di recupero e salvataggio degli archivi Mongoli e Manciù che forniscono forti prove riguardo la sua presenza nella giurisdizione del Governo centrale cinese nella regione del Tibet almeno fin dalla dinastia Yuan (quella di Qublai Khan) secondo quanto comunicato dall’Amministrazione degli Archivi della Regione Autonoma Tibetana il giorno 29 marzo 2017.
Il periodo storico coperto dagli archivi in questione spazia dall’epoca della Dinastia Qing fino alla contemporaneità. Gli archivi comprendono di tre parti: editti imperiali e documenti inviati dal Governo della Dinastia Qing al Tibet, le comunicazioni ed i documenti inviati dai circoli religiosi tibetani all’aristocrazia mongola e vice versa, le liste di doni e corrispondenza inviata ai più eminenti monaci tibetani dalle aree mongole e Manciù in cambio di benedizioni, secondo quanto riportato da Luosang Nanjie, direttore dell’Ufficio Archivi della Regione Autonoma Tibetana.
Secondo questi dati storici, al fine di mantenere il normale ordine del buddismo tibetano, nonché di limitare le lotte interne e le accuse di frode e inganno riguardo le reincarnazioni dei Budda Viventi, il Governo centrale della Dinastia Qing promulgò che la reincarnazione di un Budda Vivente dovesse venire determinato per estrazione dal “Vaso Dorato” e ricevere quindi l’approvazione del suddetto Governo.
Negli ultimi 200 anni tale metodo é diventato un rituale religioso nonché un costume storico del Buddismo Tibetano.Gli esperti dell’Ufficio Archivi della Regione Autonoma del Tibet hanno completato la traduzione di 1462 opere tibetane, mongole e Manciù, finendo il loro lavoro in anticipo sulle stime effettuate a priori.