Gli esperti concordano, la situazione è gravissima. I ghiacciai alpini si stanno oramai fondendo e nel prossimo futuro rischio c’è la fornitura idrica di intere città.
L’allarme degli esperti
A lanciare l’allarme è un nuovo preoccupante record. Nei giorni scorsi, la stazione di radiosondaggio di Novara Cameri l’isoterma zero gradi era a 5.328 metri, in risalita rispetto ai 5.184 metri dello scorso 25 luglio, nel pieno della prima, grande ondata di calore dell’estate.
Ciò significa che in vetta al Monte Bianco, a 4.810 metri, il ghiaccio cominciava a fondere. E la causa di tutto ciò va ricercata a migliaia di chilometri di distanza, negli oceani, che, dagli anni ‘70, stanno registrando un aumento costante della temperatura di 0,11 gradi ogni decennio e, nel 2022, hanno raggiunto i 21 gradi. Le Alpi chiedono aiuto, ma non è che la situazione in Tibet sia migliore. Anzi, a destare preoccupazioni solo propio i ghiacciai d’alta quota, specialmente quelli rivolti nel versante indiano.
La situazione in Tibet
Pochi sanno che l’altopiano tibetano è sede di una vasta calotta di ghiaccio considerata dagli scienziati il terzo polo della terra perché contiene la maggior quantità di neve e ghiaccio dopo l’Artico e l’Antartico (circa il 15% del totale globale). Il problema è che ora si sta sciogliendo a causa dei cambiamenti climatici.
Uno dei motivi della rapida perdita di ghiaccio è che questo altopiano, come gli altri due poli, si sta riscaldando a una velocità fino a tre volte superiore alla media globale, di 0,3 ° C per decennio.
Un quarto del suo ghiaccio è stato perso a partire dal 1970. Questo mese, in un atteso rapporto speciale sulla criosfera opera del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), gli scienziati avvertiranno che i ghiacciai sono sulla buona strada per scomparire entro la fine del secolo. Si prevede che un terzo del ghiaccio andrà perso anche se viene rispettato l’obiettivo concordato a livello internazionale di limitare il riscaldamento globale di 1,5° C.
Il problema del carbonio nero
Anche se le temperature globali verranno contenute, dunque, la regione subirà un aumento di più di 2° C e, se le emissioni non saranno ridotte, l’aumento arriverà a +5 ° C, secondo quanto riporta un rapporto pubblicato all’inizio di quest’anno da oltre 200 scienziati del Centro internazionale per lo sviluppo montano integrato (ICIMOD) con sede a Kathmandu.
Oltre alle emissioni di CO2, a generare questa situazione c’è anche il fatto che, sulla superficie del ghiacciaio Mingyong, vi è carbonio nero. Questo ha molteplici conseguenze climatiche dannose tra cui l’azione negativa sui monsoni e l’accelerazione dello scioglimento del ghiaccio.
Occhi puntati sull’India
L’inquinamento atmosferico della pianura indo-gangetiche, una delle regioni più inquinate del mondo, deposita questa polvere nera sui ghiacciai, oscurandone la superficie e accelerando lo scioglimento.
La situazione è davvero drammatica ma, le condizioni in rapida evoluzione al terzo polo, non hanno ricevuto la stessa attenzione di quelle dei poli nord e sud. C’è anche una carenza di ricerche rispetto agli altri poli e i dati idrologici esistenti sono gelosamente custoditi dal governo indiano.
Le foto dai satelliti
Di fronte a questi problemi, le immagini satellitari e le nuove tecnologie si sono rivelati strumenti preziosi per consentire agli scienziati di osservare il restringimento glaciale in tempo reale. Qualche anno fa, i ricercatori della Columbia University hanno anche usato immagini spia-satellitari della guerra fredda per dimostrare che la perdita di ghiaccio del terzo polo è accelerata nel corso di questo secolo. E, secondo gli studi, i ghiacciai nella regione stanno attualmente perdendo circa mezzo metro verticale di ghiaccio all’anno a causa del riscaldamento globale antropogenico.
A rischio oltre un miliardo di persone
Lo scioglimento dei ghiacci in questa zona è particolarmente pericoloso, molto più che nell’Artico e nell’Antartico scarsamente popolati. Si vengono a creare infatti alluvioni, frane e interi villaggi vengono spazzati via da eventi sempre più frequenti nonostante i sistemi di monitoraggio e salvataggio siano migliorati.
Ancora una volta, il futuro di questa zona del mondo e la vita di un miliardo di persone a valle e in tutta l’Asia, dipende strettamente dalle nostre scelte in fatto di riduzione di emissioni e inquinanti.