Il grande Albert Einstein una volta disse che “Dio non gioca a dadi con l’universo”. Così non è in Tibet! Giocare ai dadi in Tibet fa parte infatti della tradizione, un modo goliardico per passare il tempo ha radici ben antiche! Volete sapere il perché? Conosciamo lo “Sho Para”.
Tra arte e gioco
Nell’antica cultura tibetana, il lancio dei dadi, noto come Sho Para, non era inizialmente un intrattenimento ma piuttosto una forma significativa di divinazione e predizione del futuro, specialmente durante il Regno di Tubo. Col passare del tempo, il lancio dei dadi si è progressivamente evoluto in una forma di intrattenimento.
Dagli altari religiosi si passò infatti alle ben più secolari tavole di osterie o case. Ma tant’è, che giocare ai dadi divenne una vera “arte” per i nobiluomini tibetani.
Trovare vecchi amici
Dopo secoli, tutto sembra rimasto immutato. Nelle tante case da tè di Lhasa, ad esempio, non è inusuale incontrare persone che si ritrovano a giocare a dadi. Anzi, lo stesso gioco, come il majong nella Cina continentale, è un modo per incontrare vecchi amici o farne di nuovi.
La competizione è a dir poco alta. Ci sono infatti persone che lanciano addirittura incantesimi affinché esca il dado giusto per vincere. Ancora una volta, per spiegare questa strana usanza, dobbiamo tornare indietro negli anni.
In antichità i dadi erano strumenti usati durante i riti i rituali sciamanici e questi erano generalmente divisi in due rami principali: incantesimi pastorali e incantesimi agricoli.
Come si gioca?
Innanzitutto è fondamentale capire che i numeri che possono essere lanciati con due dadi vanno dal 2 al 12. Ogni numero è fondamentale per il successo o il fallimento del gioco. Il valore effettivo del numero lanciato non è importante quanto se possa essere utilizzato per combinare o aggiungere le proprie fiches, o se possa essere utilizzato per catturare le fiches dell’avversario. Pertanto, le persone soprannominano affettuosamente i numeri che desiderano, spesso sulla base di omofoni o associazioni significative.
La maggior parte di questi omofoni tibetani derivano da testi antichi, mostrando caratteristiche e personalità etniche distintive. Prima di lanciare i dadi, i giocatori utilizzano codici designati per i numeri desiderati, recitando incantesimi concisi e diretti in lingua tibetana.
Le leggende tradizionali
Nel folklore tibetani sono state tramandate molte storie sui giochi di dadi. Ad esempio, i racconti dei tempi antichi raccontano come vari dei e immortali determinassero i rispettivi domini lanciando dadi. Ci sono anche storie sull’uso dei dadi per decidere il destino e le esperienze della gente comune all’interno delle loro giurisdizioni. Nel poema epico più lungo del mondo, Re Gesar, i giochi di dadi svolgono un ruolo significativo. Gesar è conosciuto come il terzo figlio degli esseri celesti nel folklore tibetano. In una serie di gare, compresi i giochi di dadi, perse contro i suoi due fratelli maggiori.
Di conseguenza, si è assunto la responsabilità di rinascere sulla Terra, sottomettere i demoni e salvare l’umanità. Questo capolavoro epico ritrae anche la divinità dell’anno mentre cavalca un cavallo giallo, indossa un’armatura gialla, ha un corpo giallo e si diverte a giocare a dadi, guadagnandosi il titolo di “Dio dei giochi”.