I MANDALA TIBETANI, ESSENZA SPIRITUALE E ARTE

  • by Redazione I
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  • 21 Giu 2024
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I MANDALA TIBETANI, ESSENZA SPIRITUALE E ARTE, Mirabile Tibet


Tanto tempo per crearli, un secondo per distruggerli e ricominciarne altri. Perché i mandala di sabbia colorata sono un insegnamento, una pratica e (soprattutto) un percorso. Simboli e racconti di divinità racchiusi in una precisa geometria, come in una mappa verso – ogni volta – una diversa consapevolezza. Infatti, e non a caso, i mandala si colorano partendo dall’interno.

Nella tradizione tibetana, i colori corrispondono agli attributi delle divinità, agli elementi della Natura e – come direbbe Carl Gustav Jung, affascinato studioso dei mandala – ad altrettante emozioni vitali positive. Così, il bianco rappresenta l’Acqua e la sua flessibilità nel “modellarsi” secondo le forme che incontra. Il giallo, la concretezza e stabilità della Terra – origine di vita. Il rosso richiama la forza e il calore del Fuoco ma anche del Sole, il verde evoca l’Aria e l’equilibrio con la Natura e la sua energia, mentre il blu è per il Cielo e per lo Spazio immenso e infinito che ospita la vita.

In poche parole – materia, informazione ed energia. Espressi attraverso i colori ogni volta scelti secondo le emozioni provate in quel momento. In un cerchio, già simbolo di interezza, e attraverso un equilibrio geometrico e cromatico che crei armonia. Per poi andare oltre, verso il successivo mandala e livello di consapevolezza del sé, del mondo e del sé nel mondo. Infatti, siccome la creazione dei mandala è accompagnata dalla recitazione di diversi mantra, e siccome ogni granello di sabbia rappresenta una benedizione, la sabbia colorata viene spazzolata e versata in un’acqua scorrevole per diffondere queste benedizioni.

In poche parole – senso, bellezza e unità con il Tutto. Imparando, nel frattempo, l’impermanenza della e il distacco dalla vita materiale.

Nel Buddhismo Vajrayana, i mandala si concentrano sulla natura della ‘Terra Pura’ e della mente illuminata. Ma anche sulla rappresentazione dell’Universo – come nel caso di un arazzo di seta risalente ai tempi del dominio mongolo (dinastia Yuan), sintesi della cosmologia tibetana, che rappresenta il Monte Meru come l’axis mundi circondato dai continenti e oceani. Senza dimenticare il mandala dei “Cinque Buddha” rappresentanti i diversi aspetti dell’Illuminazione – che, se abbinato ai mandala dei “Cinque Re della Saggezza”, forma il “Mandala dei Due Regni”. Oppure l’offerta di mandala, con la quale si porge simbolicamente l’Universo così creato al Buddha o al proprio insegnante – anche dopo due o tre anni di esercizio. Infatti, nella pratica Vajrayana, centomila di queste offerte possono far parte della disciplina prima ancora che uno studente inizi le vere pratiche tantriche.

Tra il Paese di origine, l’India, e le culture di diffusione fino al Giappone, i mandala attraversano tutte le scuole e le tradizioni buddhiste. E, da disciplina e pratica, diventano una forma d’Arte già nel primo secolo A.E.V. Compresa l’Architettura, come molti antichi complessi di templi o stupa – dal Nepal e il Bangladesh all’Indonesia, la Cambogia, la Thailandia e il Myanmar – dimostrano. I più piccoli si trovano, come disegni ‘Rangoli’, presso alcune famiglie indiane: i più grandi, di centinaia di migliaia di metri quadri e scoperti tra il 2013 e il 2019 grazie a Google Earth, nella valle di Manipur.