È il 2008 quando il ritrovamento nella grotta Denisova, sui monti Altai, dimostra l’esistenza di un’altra specie di ominidi. Ma l’eccezionale scoperta, nel 2019, del fossile più antico mai trovato nel Tibet e che risale a 160mila anni fa cambia notevolmente la storia del genere umano. E lo fa da una grotta – Baishiya – a oltre 3mila metri nella regione Xiahe dell’Altopiano tibetano, grazie a un monaco che negli anni Ottanta consegna i resti rinvenuti permettendo così al Tempo galantuomo di farli arrivare alla Lanzhou University.
Parliamo dei Denisoviani: parenti stretti dei Neanderthal, presenti nell’Altopiano molto prima dell’Homo sapiens e tornati sotto i riflettori grazie a un recente studio dell’Institute of Tibetan Plateau Research dell’Accademia cinese della Scienza. Che dimostra il loro contributo genetico alle popolazioni del Sud-Est asiatico, dell’Oceania e delle Americhe e conferma uno dei “segreti” della loro sopravvivenza sul Tetto del Mondo per almeno 100mila anni: gli animali. Fonte di cibo, indumenti e persino utensili. Infatti, durante gli scavi sono state rinvenute migliaia di ossa di erbivori, carnivori e piccoli mammiferi – dalle pecore blu (bharal), gli Yak, le iene, i leopardi delle nevi e le volpi tibetane alle lepri e le marmotte.
Due anni prima, un’altra ricerca aveva individuato cinque “geni vantaggiosi” tibetani – uno dei quali denisoviano – coinvolti nell’adattamento all’alta quota e al poco ossigeno, nell’alta esposizione ai raggi UV e nel metabolismo della vitamina D. (Geni che oggi potrebbero aiutare a combattere meglio le malattie cardiopolmonari e l’apnea del sonno.) Ma la stessa ricerca aveva mostrato anche un’altra cosa: che la storia delle popolazioni potrebbe essere molto diversa da come la conosciamo. Compresa quella dei cinesi Han e dei tibetani – due gruppi separati tra i 44mila e i 58mila anni fa ma che hanno continuato a incrociarsi fino a circa 9mila anni fa. Infatti, popolazioni del Papua Nuova Guinea, del Sudest asiatico e dell’Oceania presentano tracce di due rami denisoviani, separati da quello siberiano 363mila anni fa e tra di loro 283mila anni fa. Ci sarebbe poi una terza discendenza più recente, trovata nei siberiani moderni, gli asiatici orientali e i nativi americani.
A ogni modo, parliamo dell’uomo arcaico sopravvissuto più a lungo tra quelli finora conosciuti. Infatti, secondo le ultime analisi proteiche, i Denisoviani sono rimasti distinti sull’Altopiano fino all’arrivo dell’Homo sapiens circa 30-40mila anni fa e la presenza nei tibetani di oggi del “gene per l’alta quota” testimonierebbe il loro contatto evolutivo.
A ogni modo, una storia affascinante. Che, oltre all’aspetto dei Denisoviani e alle diverse nuove terapie potenziali, potrebbe avere ancora molto da svelare. Anche sul clima e sulla vegetazione suggeriti dalle ossa animali appena rinvenute, dunque sull’andamento ambientale ed ecologico dell’Altopiano. Passato e futuro – nonostante, almeno per ora, come qualità ecologica il Tibet sia tra i migliori.