UN TÈ DOLCE TIBETANO?

  • by Redazione I
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  • 16 Ago 2024
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UN TÈ DOLCE TIBETANO?, Mirabile Tibet


Lhasa, Città vecchia, Barkhor Street. Al primo piano di un edificio di quattro, una Casa da Tè – segnata dal tempo ma piena di gente. Alcuni sono turisti, curiosi di assaggiare il tè dolce tibetano; altri, residenti che qui passano ore, ordinando una tazza dopo l’altra. Ancora più numerosi nei fine settimana, quando la Woser Gamchung Tea House arriva fino alle 11mila tazze al giorno. E pensare che, alla sua apertura nel 1978, questo posto allora definito “piccolo come una scatola” poteva servire massimo 40 persone.

Su questa strada di 1300 anni, la Casa da Tè è cresciuta assieme ai restauri e agli ampliamenti del Tempio di Jokhang, al cammino dei pellegrini e all’esplosione delle arti, dei mestieri e dei commerci nel Barkhor. E, oggi, è una sosta altrettanto rituale e quasi obbligata per chi si ritrovasse a Lhasa – soprattutto d’inverno, quando niente scalda e tonifica meglio di una tazza di tè. E, siccome il Museo del complesso Jokhang è diventato di riferimento per i residenti più anziani, la Casa da Tè si è trasformata in un luogo anche di memoria e di comunità. A cominciare dal rituale della richiesta e del pagamento.

Alla Woser Gamchung, il tè viene servito in tazze di vetro che costano 1 yuan. Il cliente mette lo yuan sul tavolo, il personale arriva con un bicchiere, lo riempie e prende i soldi. Se l’ospite desidera un altro tè, mette un altro yuan sul tavolo e aspetta che la tazza di vetro venga nuovamente riempita. Le persone abituate al pagamento elettronico devono infatti procurarsi le banconote e le monete prima di sedersi e ordinare nella maniera tradizionale, perché il modo è parte essenziale della cultura del tè dolce tibetano.

Che è una mistura meno consistente della bevanda-simbolo dell’ospitalità tibetana al burro di yak ma con una storia di oltre 100 anni e altrettanto corroborante, ottenuta bollendo le foglie di tè nero e aggiungendo latte – fresco o in polvere – e zucchero bianco. Una combinazione semplice, senza spezie come nella variante originale indiana e all’inizio riservata alle persone benestanti perché lo zucchero sull’Altopiano era un lusso. Oggi, alla portata di tutti e parte della quotidianità: come avvio o chiusura della giornata di lavoro o di viaggio, come riposo per i pellegrini dopo il Kora intorno al Tempio di Jokhang o come modo di stare insieme e condividere ricordi o impressioni, remoti o recenti.

Una sosta da fare, quella a Barkhor Street. E anche da rifare.