MEIDTAZIONE TIBETANA: TRA RELIGIONE E MEDICINA

  • by Redazione
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  • 17 Mag 2017
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Cosa intendono i tibetani con il termine “meditazione”? E’ una preghiera al fine di raggiungere il Nirvana e la Quiddità, oppure è una liberazione dalle nostre oppressioni per dirigersi verso la luce di un nuovo spazio?  Analizziamo meglio questo aspetto culturale del Buddismo lamaista.

Storia e origine della Meditazione tibetana

All’interno del Buddismo tibetano, contrariamente a quanto si possa pensare, la meditazione non è indice di pratiche esoteriche di varia entità. Tant’è che il termine tibetano per definire la meditazione è Gom, che vuol semplicemente dire familiarizzare, prendere coscienza. Cosa dobbiamo comprendere? Soprattuto, con chi dobbiamo familiarizzare? Con se stessi. Familiarizzare con la propria mente vuol dire osservare, senza fare assolutamente nulla e lasciare che il lento divenire faccia il suo corso, meditazione significa limitarsi a guardare qualsiasi azione che la nostra mente compie senza disturbarla, senza prevenirla o reprimerla. L’uomo è spettatore della sua stessa mente.  Nell’osservare la mente è come se la svuotassimo dai pensieri e attraverso la pratica costante della meditazione tibetana cominciamo ad attivare una maggiore concentrazione e consapevolezza di noi stessi. Per la tradizione buddista, la meditazione, pur essendo fondamento di ogni religione, dal principio trascende il dogma religioso, incarnando al contrario un mezzo per liberarsi dalle oppressioni e dirigersi verso un nuovo spazio incontaminato.

Benefici della meditazione tibetana

La meditazione viene vista dal popolo dell’Altopiano come una medicina per l’anima e il corpo. Tralasciando il fatto di essere buddisti, la pratica della meditazione tibetana consente importanti benefici nella quotidianità, allontanando stress, nervosismo, ansia, e nevrosi.  Ognuno di noi è infatti giornalmente messo a dura prova da svariati pensieri e problemi, reali o addirittura immaginari, tanto da provare difficoltà nel mantenere quella minima concentrazione mentale che consente di rimanere calmi, vigili e presenti. La meditazione tibetana è in questo un ottimo metodo al fine di ritrovare quella serenità e calma mentale necessarie a migliorare la qualità della nostra giornata e della nostra vita. Tuttavia il beneficio maggiore di tale pratica è il non farsi condizionare eccessivamente dalle quelle emozioni esterne disturbanti, che causano problemi ed ansietà non solo per noi stessi, ma anche per chi ci sta intorno, raggiungendo così quella armonia interna che rispecchia l’armonia e la bellezza del mondo stesso.

Descrizione della tecnica

Vi sono molte e diverse tecniche di meditazione tibetana , così come numerosi sono gli aspetti della mente con cui dover prendere dimestichezza. Ogni tecnica della pratica meditativa si caratterizza per specifiche funzioni e benefici. In sostanza, si tratta di essere completamente onesti con noi stessi, prendendo coscienza di ciò che siamo, e impegnarsi per migliorarci e per essere più utili anche agli altri. Nel concreto queste tecniche di meditazione possono essere suddivise in due grandi gruppi: quello della meditazione stabilizzante e quello della meditazione analitica.

Chi può intraprendere il cammino meditativo?

La meditazione tibetana è indicata per quelle persone che sono interessate a riportare calma, serenità e concentrazione nelle proprie attività quotidiane, rivolgendosi verso una forma di meditazione e di spiritualità di antica purezza.  Secondo la letteratura, praticare la meditazione aiuterebbe inoltre a tollerare con maggiore facilità gli effetti collaterali della radioterapia e chemioterapia tra cui vomito, stanchezza, nausea e instabilità dell’umore. Questo perché la medicina della mente, dell’animo e dello spirito è l’antidoto principale per ogni male. Nel concreto sperimentazioni simili sono state condotte su pazienti con cancro al seno. I risultati, sorprendenti, hanno dimostrato che attraverso la meditazione, le pazienti hanno riscontrato un miglioramento della qualità del sonno e un’importante reazione alla malattia, grazie a una maggiore dose di autostima.