I più antichi documenti epigrafici tibetani risalgono ai sec. VIII e IX e annoverano fra gli altri la stele bilingue di Lhasa che reca inciso il testo del trattato di pace sinotibetano dell’822. Di eccezionale valore storico e letterario i testi tibetani scoperti nel 1901 a Tun-huang nel Gansu che gli studiosi hanno datato fra l’800 e il 1035. I più antichi si riferiscono al periodo della monarchia (sec. VII-IX) e costituiscono con le fonti cinesi di epoca Tang (618-907) quasi tutta la documentazione disponibile su uno dei momenti più interessanti della storia del Tibet, allorché il Paese conseguì l’unificazione politica e il buddhismo trionfò sulla religione indigena Bon. Fra i manoscritti di Tun-huang figurano gli Annali e una Cronaca storica con brani in versi. Entrambe le opere descrivono con spirito epico e una forte coloritura religiosa le genealogie delle antiche famiglie nobili e la storia degli avvenimenti più importanti accaduti nel corso degli anni. I canti e le ballate che glorificano le gesta degli eroi sono di considerevole pregio artistico per la spontaneità del tono quasi popolaresco: questo è forse l’unico carattere originale di un genere letterario per gran parte modellato sulla storiografia cinese. La Cina esercitò molta influenza sulla prima cultura tibetana. Lo riflettono le prime leggi scritte che la tradizione attribuisce al re Srong-btsan-sgam-po (ca. 620-649) e le opere d’esegesi morale e religiosa di ispirazione buddhista. Ma col buddhismo la vita culturale tibetana non tardò ad aprirsi all’India. Il re K’ri-sron-lde-brtsan (755-797), che nel 779 proclamò il buddhismo religione di Stato, invitò i primi dotti monaci dall’India, fra cui Sântirakśita e Padmasambhava era dei quali fu costituita la Chiesa nazionale tibetana. I conventi, via via moltiplicatisi di numero, formarono importanti centri di studio e finirono col monopolizzare tutta la cultura tibetana. Le principali opere letterarie furono le traduzioni delle sacre scritture e le loro esegesi, che formarono il nucleo delle grandi raccolte del Kan’gyur e Tau’gyur, la prima contenente i sutra, la seconda le varie opere di commento. Furono le basi di una letteratura filosofica che rappresenta uno dei monumenti più insigni di tutta l’Asia e annovera uno dei suoi primi autori in Saskya Paṇdita. Le tappe salienti furono segnate nei sec. XIV e XV dalle opere di Bu Ston Rinpoche e di Tsong-kha-pa, con i quali la fede religiosa e la teoria buddhista della Legge, come norma morale, diventò il metro e lo strumento dell’interpretazione storica. Incontrandosi sul terreno delle scritture sacre, l’antica storiografia si trasformò in un mezzo di edificazione spirituale. È di questo tipo l’opera che bSod rGyal gsal bai me lon scrisse nel 1508 sotto il titolo di rGyal rabs gsal bai me lon, esaltando la figura del re Srong-btsan-sgam-po, che aveva realizzato l’unità politica del paese e vi aveva propagato il buddhismo. Pari successo riscossero le biografie di asceti, di taumaturghi, di illustri maestri delle scuole buddhiste. Tali le biografie di Padmasambhava, di Marpa e di Milaraspa, nonché quelle di Urgyan Pa e di Târanatha. Spesso le “vite” sono collane biografiche che delineano la successione di patriarchi delle singole sette. Il Deb t’er snon po, gli “Annali Blu”, sono il monumento più insigne di questo genere e danno una genealogia completa dei maestri delle principali scuole in cui si venne articolando il buddhismo tibetano. La stessa tendenza alla celebrazione biografica si ritrova nei lunghi poemi che immortalarono in un’epica popolaresca le gesta dell’eroe Gesar, mentre densa di elementi autobiografici si presenta la poesia lirica, che con i canti del VI Dalai-lama (m. 1706) giunse a celebrare in inconsueta libertà l’amore e i piaceri della vita.