Quando pensiamo ai Qing, le prime (e forse uniche) cose a venirci in mente sono “L’ultimo imperatore” di Bertolucci, la Città Proibita e le porcellane. Ma, chiaramente, questa ultima dinastia – peraltro Manchu – è stata molto di più. A segnare l’impero più vasto del suo tempo, paragonabile per superficie solo a quello Yuan, e la nascita della Cina moderna.
La sua storia, dal rovesciamento della dinastia Ming nel 1644 alla caduta nel 1912, è marcata da una notevole crescita economica e culturale ma anche da tumulti. Soprattutto tra la popolazione di etnia Han, profondamente scontenta delle gravi discriminazioni – compreso il famoso “ordine del codino” – espresse dalla dinastia verso i non mancesi.
Tornando al Tibet. Nel 1642, la regione era stata unificata sotto l’autorità del quinto Dalai Lama. Che, nel 1653, va a Beijing per una visita al terzo imperatore della dinastia Qing. Come lui stesso racconta, l’imperatore scende dal trono e gli prende la mano, invitandolo a sedersi accanto a (quasi) la stessa altezza, facendogli dei doni “degni di un Maestro” e riconoscendolo come “l’autorità spirituale dell’impero Qing”.
Quando il khanato mongolo Dzungar invade il Tibet nel 1717, la dinastia risponde alla richiesta di aiuto e, per evitare altri futuri attacchi, nel 1720 porta a Lhasa gli amban – cioè, i membri del corpo governativo a protezione dei confini dell’impero. In segno di gratitudine, i governanti tibetani donano all’impero gran parte del Kham orientale, che verrà inglobata nelle province di Sichuan e Yunnan. Finito il problema mongolo, nel Tibet rimasto sovrano s’instaura così un lungo protettorato Qing. Che si manifesterà in difesa del territorio sia nel 1771-1776, in occasione della guerra di Gyalmorong, sia durante le incursioni dei guerrieri Gurkha nepalesi del 1788-1792.
Nel 1903-1904, le cose si complicano: temendo l’espansione russa nella regione, l’Esercito dell’India Britannica invade il Tibet. Una spedizione che raggiungerà Lhasa e durante la quale moriranno centinaia di tibetani. Gli equilibri nella regione, seriamente condizionati dal nascente asse tra gli imperi tedesco e ottomano, verranno ridefiniti con la Convenzione anglo-russa del 1907 con la quale le parti decideranno di “tenersi fuori” dal Tibet.
Con la partenza delle truppe britanniche, la dinastia Qing sente di dover essere più presente nella regione. Così, tra il 1905 e il 1911 progetta una ferrovia tra Sichuan e Tibet, strade e linee telefoniche, un conio, un esercito stabile e la “laicizzazione” del governo locale – composto fino a quel momento soltanto da figure religiose. Aprendo a Lhasa una scuola e un collegio militare, creando un servizio postale con 5 uffici, rilasciando i primi francobolli bilingue e creando un giornale – ‘The Tibet Vernacular News’, anch’esso bilingue. Il primo nel suo genere, stampato a Lhasa su macchine importate da Calcutta, che per 4 anni apparirà ogni 10 giorni in poche centinaia di copie per informare la popolazione sulle riforme in corso.
Ma la dinastia è alla fine: il 1° gennaio del 1912, viene proclamata la Repubblica di Cina.