I Sutra della Perfezione della Saggezza o “Prajnaparamita” sono un gruppo di Sutra Mahayana fondamentali, dei quali si conoscono molte versioni sia in sanscrito sia in cinese, nonché in tibetano. Sono in forma di dialoghi e i principali interlocutori sono tre dei discepoli più conosciuti di Buddha: Subhuti, Shariputra e Ananda.
La Prajnaparamita in 8000 linee contiene due versioni del testo: una in versi e una in prosa. La traduzione che è possibile trovare è quella in Versi dal titolo:“Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha” e consiste in 302 “Versi sulla perfezione della Saggezza che è la Raccolta delle Preziose Virtù”, dove le Preziose Virtù sono quelle della “Madre dei Buddha”, come è specificato nella versione cinese. Da notare è che ancora oggi, tutte le traduzioni si basano sul testo di Haribhadra, grande esperto e conoscitore della Prajnaparamita, vissuto nell’ottavo secolo, sotto la dinastia buddhista dei Pala che regnava nel nord-est dell’India. Con ogni probabilità Haribhadra fece riferimento ad un testo già citato da Candrakirti verso il 600 d.C., sotto il titolo di “Arya Samcayagatha”.
Secondo la letteratura, i 41 versi contenuti nei primi due capitoli della “Prajnaparamita Ratnagunasamcayagatha “, costituiscono la parte più arcaica di questo Sutra, la cui versione più antica può essere ricondotta al primo secolo avanti Cristo. Il suo titolo era verosimilmente “Prajnaparamitacarya”, cioè la “Pratica della Perfezione della Saggezza”. Tuttavia, la prima traduzione della Prajnaparamita in mandarino, forse anche risentendo dell’influsso Daoista e Confuciano, fu chiamata “La Pratica del Sentiero”, cioè “Tao Hsing”.
Il “Ratnagunasamcayagatha”, invece, è di fatto un sommario in versi contenuto nell’Astasahasrika Prajnaparamita, non è scritto in Sanscrito letterario standardizzato, ma in quello che oggi è conosciuto come Sanscrito ibrido buddhista e può quindi essere di poco precedente al più esteso testo in prosa. Di fatto le versioni antiche di molte opere indiane sono generalmente in versi e siccome i versi sono più difficili da interpolare della prosa, si può arguire che i testi in versi siano giunti a noi meno ritoccati e modificati.
Il “Ratnagunasamcayagatha” è un testo ancora molto popolare in Tibet e si trova spesso associato con due altre opere: “I Voti di Samanthabhadra” e “La Recitazione degli Attributi di Manjushri”. La versione in prosa è intitolata “Astasahasrika Prajnaparamita”, che significa “La Perfezione della Saggezza in 8.000 linee” o ‘sloka’, termine che indica un’unità di 32 sillabe. E’ una delle versioni più antiche di questo Sutra, che risale probabilmente intorno al 100 avanti Cristo.
Esistono versioni “espanse” in 10.000, 18.000, 25.000, 100.000 sloka e “contratte” in 25.000, 700, 300 (Sutra del Diamante – Vajrachedika Sutra), 150, 25 (Sutra del Cuore – Hrdaya Sutra) ed infine in una sola sillaba “A”. Il Sutra del Diamante e il Sutra del Cuore sono due testi molto popolari ed hanno avuto una grande influenza sullo sviluppo del Buddhismo Mahayana. Esistono anche versioni Tantriche della Prajnaparamita in manoscritti risalenti al 500 d.C. ed epoche successive.
La lingua dell’Astasahasrika (in prosa) è il sanscrito letterario e la sua antichità è pure confermata dalla prima versione in lingua cinese datata 179 d.C., dove si può notare che il Sutra aveva già assunto il formato di base preservato nell’esposizione sanscrita.