L’ANTICA RELIGIONE BON

  • by Redazione
  • |
  • 26 Mag 2017
  • |

Come sappiamo, la religione più seguita all’interno della Regione del Tibet è il Buddismo Lamaista. Tuttavia ancora oggi l’antica ed autoctona regione animista Bon sopravvive in usanze e credenze tradizionali e popolari, andando a creare, nel tempo, un tutt’uno con il Lamaismo stesso. Ma andiamo più nello specifico e scopriamo questa antica religione.

Praticamente sconosciuta in Occidente, il Bon, è la religione primordiale del popolo dell’Altopiano, giacché il Buddismo venne ufficialmente introdotto nell’ottavo secolo dopo Cristo. Fulcro della religione Bon è un pellegrinaggio molto simile ad un rituale meditativo di auto-sacrificio. Nel corso di questa lunga e complessa pratica di meditazione i monaci offrono infatti il proprio corpo, simbolicamente smembrato, cotto e trasmutato in sostanze pure così da essere offerto ad una vasta schiera di spiriti, dei e demoni che abitano quei selvatici e impervi luoghi.

Anche se esteriormente i seguaci e i monaci di questa religione sembrano dei lama tibetani, la letteratura è unanime nel ritenere che la loro filosofia ha origini che la collocano in una vasta area compresa tra Asia centrale, Pakistan settentrionale e Iran settentrionale. Sebbene in queste zone la religione Bon non esista più, ancora oggi numerosi fedeli continuano a professarla in molte regioni del Tibet. Tuttavia nel corso dei secoli molti monasteri Bon furono distrutti dai Buddisti e i seguaci della religione furno costretti a scegliere una vita errante. Ma quali sono le differenze con i buddisti? Per prima cosa i Bon credono che la propria religione sia stata fondata da un essere illuminato che, sebbene abbia molti tratti in comune con il Budda si narra che apparve sulla terra nel mitico regno di Olmo lung ring localizzato ad ovest dell’odierno Tibet. Gli stessi insegnamenti di questa religione sono stati nei secoli sistematizzati secondo delle scritture diverse da quelle buddiste.

Per chiunque viva il “pellegrinaggio Bon” parla di un’esperienza emozionante e coinvolgente. Durante il “viaggio” si ha la percezione che l’habitat naturale si trasfiguri completamente per divenire la dimora selvatica di spiriti, dei demoni e inquiete anime dei defunti. Tutto ciò può sembrare autosuggestione, ma nonostante tutto si ha la sensazione di sfiorare con un dito un universo parallelo, invisibile, sconosciuto ai più e ormai dimenticato nella nostra civiltà così affannata. Ma come si verificata la percezione tattile del soprannaturale? Secondo i Bon questo accade soprattutto nella dimensione onirica notturna. inoltre i monaci attraverso una meditazione stabilivano un contatto mentale con la dimensione invisibile. Per coadiuvare questo incontro si servono non solo della recitazione di mantra e testi sacri ma soprattutto della musica. Nella tradizione religiosa tibetana a questi specifici strumenti è infatti attribuito il magico potere di richiamare l’attenzione di demoni e dei. Così da invitarli al cospetto degli officianti.

Generalmente il buon esito del “pellegrinaggio” è talvolta interpretato dal tipo di sogni che i monaci hanno durante e dopo il rito. Gli spiriti invocati durante il giorno appariranno infatti nella notte per comunicare la loro soddisfazione, la gratitudine o eventualmente per richiedere ulteriori rituali di placazione. Tornando quindi alla domanda principale, quale è lo scopo di questo rito, he sembra richiedere un’ altissima concentrazione?  Questo rito altro non è che un’offerta del proprio corpo agli spiriti locali ha in primo luogo lo scopo di placare gli spiriti dei luoghi così da mantenre un armonioso equilibrio tra il mondo umano e quello invisibile. Proprio per questo motivo il rito è alle volte svolto come forma di esorcismo o strumento per scongiurare carestie ed epidemie o come anche rituale terapeutico nel caso di malattie provocate da spiriti o demoni.