Come è universalmente noto, l’altopiano del Tibet è un vasto ed elevato altopiano dell’Asia centrale che copre la maggior parte della regione autonoma del Tibet e della provincia del Qinghai in Cina e parte del Ladakh, nel Kashmir indiano. Occupa una superficie che si estende per 2.500 km di lunghezza e per 1.000 di larghezza, ed è attualmente l’altopiano più alto e più vasto del mondo, con una superficie di 1,2 milioni di chilometri quadrati. Chiamato anche simbolicamente “Tetto del Mondo” o “Terzo Polo”, a causa dei suoi ghiacciai millenari, questa affascinante regione ha adatto escursionisti, avventurieri, geologi provenienti da tutto il globo. Tuttavia negli ultimi anni è nato una discussione in seno alla comunità scientifica circa l’origine e la formazione del famoso “Plateau Himalayano”. Ancora oggi questa discussione divide la letteratura. Ma nello specifico, quale è stata la causa che ha scoperto il vaso di Pandora?
Per lungo tempo si è creduto che il plateau tibetano, che si estende a 5000 metri di quota oltre il versante Nord dell’Everest, fluttuasse su una crosta incandescende e parzialmente liquida nelle profondità. Alcuni anni fa, un team interazione di ricercatori ha stravolto le carte in tavola sostenendo che in realtà, sotto il plateau ci sia uno strato ben solido di crosta del continente indiano. Quest’ultimo, a sua volta, muovendosi nel corso dei millenni avrebbe “increspato” la superficie formando di fatto le montagne Himalayane.
Quindi, nonostante la cosiddetta teoria del “plateau fluttuante” fu accettata dalla comunità scientifica internazionale, il gruppo di ricercatori, capeggiati da Jean-Philippe Avouac, docente di geologia al California Institute of Technology, ha proposto una teoria diametralmente opposta, ma, secondi sostenitori, spiegherebbe in modo più ragionevole e chiaro i movimenti tettonici che hanno formato questa vasta catena montuosa.
Secondo Avuac e i suoi collaboratori, che hanno ampiamente pubblicato e dibattuto nelle riviste di settore questa nuova teoria, il movimento della crosta indiana sotto la porzione sudorientale del plateau tibetano sarebbe ancora presente e attivo, con un’energia osservata in ben pochi altri luoghi del mondo nei tempi moderni.
Per testare la loro teoria, i ricercatori hanno effettuato diverse simulazioni basate sulle proprietà delle rocce e dei minerali che compongono la crosta del plateau tibetano. I risultati sono stati a dir poco sorprendenti, spaccando di fatto la comunità scientifica. I test hanno fornito dati che contrastano oggettivamente con la teoria precedente e sostengono la loro ipotesi di una infiltrazione di una crosta solida sotto la parte meridionale del plateau tibetano. Ciò spiegherebbe anche le diverse caratteristiche dei terremoti e di altri fenomeni geologici rilevate tra la parte meridionale e settentrionale del plateau.