L’incontro tra storie e leggenda.
Nei percorsi antropologico-culturali delle origini delle differenti civiltà, storia e mitologia sono strettamente vicini.
Questo intreccio di storia e leggenda, vale particolarmente per l’origine della civiltà tibetana. Infatti alle origini della storia dell’attuale Tibet-Xizang, l’elemento mitologico si costituisce quale vero e proprio archetipo fondativo di questa millenaria cultura.
L’origine del popolo tibetano viene solitamente fatta risalire alle tribù nomadi Ch’iang, dedite all’allevamento di pecore e bestiame nei territori dell’Asia centro-orientale.
Questo popolo nomade si caratterizzava per l’allevamento di animali e per un’elevata propensione alla mobilità tra gli altipiani dell’Asia centrale, oltreché ad un individualismo di fondo.
Ma la caratteristica principale di questa popolazione è la propensione al nomadismo, dato da spostamenti continui con al seguito le greggi di pecore, capre e yak.
Questi nuclei si spostavano durante tutto l’arco dell’anno, vivendo nelle tende e, praticamente fino ad un secolo fa, alcuni di loro hanno conservato uno stile di vita quasi uguale a quello dei duemila anni precedenti.
All’inizio dell’era cristiana, il popolo di lingua tibetana abbia compiuto uno spostamento verso ovest, attraverso la parte meridionale degli altipiani tibetani. Questo fatto sarebbe confermato da alcuni esami eseguiti sulle prime produzioni letterarie immediatamente posteriori, che ci permettono ancora oggi di rintracciare e tracciare i movimenti di alcuni clan del nord-est del Tibet verso il centro del paese.
La prima avanzata dei popoli di lingua tibetana in direzione ovest e sud attraverso l’Himalaya, ovvero all’interno di quello che è oggi il Nepal centrale, risulta anche confermato dalla sopravvivenza in queste zone di antichi dialetti provenienti dallo stesso ceppo linguistico.
Tuttavia, pare che ci sia stato un costante movimento di clan rivali dal nucleo comune di tribù nel nord-est del Tibet, alcune delle quali si spostarono gradualmente verso le più fertili vallate del Tibet centrale e meridionale, dove adottarono uno stile di vita più sedentario e parzialmente agricolo.
Ancora oggi abbastanza improbo avere una maggiore precisione a riguardo, così come risulta abbastanza vago il concetto stesso di clan, ma verosimilmente dovevano essere organizzati su base gerarchica, essendo costituiti da un capo famiglia e i suoi dipendenti e servitori ereditari. Quando essi divennero più stabili e sedentari, la famiglia del capo si costituì gradualmente in una sorta di aristocrazia, che probabilmente non differiva molto, almeno nelle sue caratteristiche essenziali, dal tipo di signori locali ereditari che hanno continuato ad esistere in Tibet fino al 1959.
Ma procediamo con ordine. Tra le leggende fondative dell’etnia tibetana, è abbastanza comune quella riguardante l’episodio mitologico di una divinità trasformata in scimmia e rifugiatasi in meditazione sull’altipiano himalayano.
Come ha ricordato di recente Li Baoyue: «Molte etnie del mondo amano raccontare le loro origini in termini di mitologia, come noi cinesi che abbiamo gli imperatori Huangdi e Yandi e gli italiani che parlano di Romolo e Remo per illustrare le origini di Roma.
Per quanto riguarda l’origine dell’etnia tibetana, raccontiamo una leggenda interessante: si tratta della storia della scimmia che diventa uomo, molto diffusa fra la popolazione tibetana.
Fine prima parte.