IL BUDDHISMO IN TIBET: NEL IX INIZIANO LE PRIME LOTTE INTERNE ALLA REGIONE

Con la crescente presa del potere del buddhismo dei primi tempi si giunse alla lotta fra sostenitori e non sostenitori del buddismo gli ultimi dei quali arrivarono ad uccidere il re Ral-pa-can (o anche Thisug Detsen, che regnò dall’815-838) che stava lasciando il Tibet in mano ai buddisti. Ralpachan fece in modo che venisse adottato solo il vocabolario sanscrito per i termini buddisti, arrivò a farsi monaco e a fare grandi donazioni e concessioni al clero. Al suo posto salì sul trono il fratello Glang-dar-ma (pronunciato Langdarma) che è famoso come persecutore del buddismo ma che fece la stessa fine del fratello segnando la fine della monarchia nell’842. Le lotte fra nobili proseguirono anche per la spartizione del potere in seno ai nobili pro buddismo.

La letteratura popolare dei secoli successivi (dal XIV) si sviluppò in gran parte intorno alla figura dello yogin-siddha Padmasambhava attraverso testi ritenuti antichi (del IX secolo) e che erano stati ritrovati: chi scopriva questi testi, chiamati “tesori” (gter-ma), era chiamato “scopritore di testi” (gTer-ston). Padmasambhava, forse esistito realmente (sarebbe stato un yogin chiamato dal re tibetano nell’VIII secolo), per i seguaci della scuola rNying-ma (la “vecchia via” o il “vecchio Ordine”) fu ritenuto il loro fondatore nonché buddha. Il primo monastero fu costruito nel 779 sotto Santaraksita e Padmasambhava. Il Bon, prima principalmente fondato su figure religiose (una sorta di sacerdoti) incominciò (fra IX e XIV secolo in particolare) a sistematizzarsi e a prendere caratteristiche tipiche del buddismo (a partire dalla scrittura, dai testi, dal pantheon…) e i nuovi “sacerdoti” incominciarono ad essere conosciuti come bon-po i quali acclamavano come loro fondatore un certo gShen-rab (possibilmente fondato sulla figura del Buddha Sakyamuni).

Quindi se da un lato i seguaci buddisti facevano di tutto per conformare il buddismo alle pratiche pre buddistiche tibetane, allo stesso modo i bon-po facevano di tutto per acquisire nuove nozioni e sviluppare le loro pratiche prendendo molto spunto dal buddismo tanto che con il tempo le differenze fra buddismo tibetano e bon-po sono diventate quasi impercettibili. Una sostanziale differenza fra chos-pa (buddisti tibetani) e bon-po sta nel riconoscimento da parte dei chos-pa di qualsiasi scuola nell’origine indiana della loro tradizione (nonché il rispetto per il Buddha primordiale Sakyamuni) mentre i bon-po sostengono che gli insegnamenti buddisti provengono dalla dottrina bon-po nata dal Buddha bon-po gShen-rab (e non da Sakyamuni). La forza del buddismo tibetano fu nel poter utilizzare figure (Buddha, bodhisattva, santi…) buddiste di tradizione indiana e quelle di origine prebuddista tibetana (assimilate come altrettante figure buddiste che, in base alla concezione buddista, sarebbero potute benissimo essere manifestazioni di Buddha, bodhisattva e altre figure ricollegate alla propria tradizione indiana) mentre i bon-po furono costretti a dover cambiare i nomi a figure buddiste da loro ormai accettate perché la loro tradizione potesse essere considerata precedente a quella buddista.

Nel bon, però, sussistono riti e concezioni che contrastano con la dottrina buddista (come nella credenza delle anime erranti collegata con il rito del bar-do, lo stato intermedio fra vita e morte).

Nonostante la caduta della monarchia il vigore dell’esercitò tibetano rimase saldo ancora per qualche secolo (ricordiamo il regno tibetano degli Xi Xia, formato da Qiang, Sumpa, Azhi –popolazioni che si situarono nella regione del Minyag, nome tibetano con cui si designano i Xi Xia-, che durò dal X al XIII secolo – dal 1032 al 1226- e che costituì una minaccia sempre presente per i cinesi). Dopo la morte di Glang-dar-ma uno dei suoi eredi si rifugiò nell’estremo ovest dove fondò tre regni (Mar-yul, Gu-ge e sPu-hrangs nell’attuale Ngari) mentre altri discendenti del re continuarono a regnare come piccoli signori locali nel centro del Tibet. Se nel Tibet centrale il buddismo venne trascurato, la suà tradizione continuò ad essere praticata nel resto del Tibet, soprattutto ad est e ad ovest.

La restaurazione del buddhismo nel Tibet centrale avvenne nel 978, poco prima della visita di Atisa nel 1042: in quell’anno alcuni maestri tibetani tornarono a Lhasa dal loro esilio nel Tibet orientale. L’allievo più fedele di Atisa, Dromdon (Domton), avrebbe fondato il monastero di Rva-sgreng (Radreng o Reting) nel 1056 e il primo ordine monastico tibetano, il Kadampa (Bka’gdams pa), basato su rigide regole che gli vietano anche il matrimonio, l’alcool, i viaggi e il denaro.

Il 1027 è la data tradizionale dell’introduzione in Tibet di un sistema filosofico chiamato Kalacakra (= Ruota del Tempo). Nel tibet orientale il discepolo indiano Smriti cominciò la traduzione di nuovi testi tantrici: nacquero i Nuovi Tantra. Nel tibet occidentale grazie a vari re e a figure come il traduttore Rin-chen bZang-po (pronunciato Rinchen Zangpo, 958-1055, traduttore di sutra e tantra –tradizionali mahayana- e commentari che trascorse 17 anni in India) il buddhismo conobbe una nuova diffusione. Oltre all’inestimabile lavoro di Rin-chen bZang-po ricordiamo anche i viaggiatori e studiosi ‘Brog-mi (992-1072, fondatore dell’ordine Sa-skya) e Mar-pa (1012-1096, fondatore dell’ordine bKa’-rgyud) che si recarono in India dal Tibet centrale alla ricerca di nuovi testi e maestri (il maestro di ‘Brog-mi, Santipa, scrisse il commento allo Hevajra Tantra che divenne uno dei testi base del Sa-skya). I tantra introdussero la concezione nuova dell’illuminazione perseguita in una sola vita (a condizione che si trovasse un maestro capace e disposto  a impartire la verità): se da una parte esistono i tantra composti da Vairocana e i quattro Buddha delle direzioni, dall’altra ci sono quelli composti da antiche divinità indiane medievali (così che molti dèi indiani vanno a formare nuovi gruppi di Buddha o bodhisattva – ad esempio il dio induista Lokesvara ha in Avalokitesvara il suo corrispondente buddista mentre Shiva si trasforma nelle divinità buddistiche di Heruka ed Hevajara e così via-). Di tutti gli insegnamenti buddistici riscontrati in India quelli che hanno suscitato maggior attrattiva per i tibetani sembrano essere stati quelli metafisici e magici, quelli più imponenti e spaventosi: alcuni di questi si riscontravano in divinità terribili caratterizzate da uno stile religioso fuori dalla consuetudine e che venivano spesso imitate da mendicanti e yogin che rifiutavano uno stile di vita consuetudinario.

Se ‘Brog-mi, fondatore dell’ordine Sa-skya trovò nella figura di Santipa il suo maestro, Mar-pa, fondatore dell’ordine bKa’-rgyud la trovò in Naropa. Ma il più grande stimolo per gli sviluppi tradizionali in Tibet fu l’arrivo e la missione del maestro indiano Atisa (nell’XI secolo) che si stanziò nel Gu-ge. Gli aspetti più potenti che introdusse Atisa (sotto l’influenza dell’austero discepolo ‘Brom-ston, pronunciato Domton) riguarderebbero la restaurazione dell’ordine e della disciplina monastici e la necessità del discepolo di scegliere ed essere accettato da un maestro seguendolo con obbedienza e devozione totali conferendo un ordine formale ad idee già diffuse generalmente fra i maestri e i monasteri. L’insieme dei suoi insegnamenti divenne noto come (ordine) bKa’-gdams-pa (pronunciato Kadampa a cui si ricollegherà più tardi quella dei Gelugpa, la chiesa ufficiale dei Dalai e Panchen Lama che governò dal XVI al XIX secolo) ma le quattro leggi alle quali erano assoggettati i suoi seguaci (astensione dal matrimonio, da alcolici, viaggi e possesso di denaro) ebbero scarsa attrazione per la maggior parte dei tibetani molto più attratti dagli aspetti magici ed emozionali del buddismo. Il più grande discepolo di Atisa fu Sakya Sri (1127-1225), figura molto influente. Ma fu dai nuovi maestri come ‘Brog-mi e Mar-pa che ebbero origine i successivi ordini buddisti tibetani.