DALLE STEPPE MONGOLE ALLE ALTE MONTAGNE TIBETANE: QUALI LEGAMI TRA LA MONGOLIA ED IL TIBET?

  • by Redazione
  • |
  • 30 Set 2017
  • |

Il rapporto fra mongoli e tibetani rafforzò e riorganizzò la struttura amministrativa tibetana ed incrementò la ricchezza dei monasteri ma diede alle dinastie cinesi seguenti (e non solo alle dinastie) l’opportunità di considerare il Tibet parte integrante del territorio cinese in base a quel rapporto Sacerdote-Patrono che aveva caratterizzato quello fra mongoli e tibetani.

Con l’indebolimento dei Sa-skya incominciò a prendere potere un discendente della famiglia Rlangs, Byang-chub rGyal-mtshan (Jangchup gyaltsen) di Phag-mo-gru che presto riuscì a indebolire il potere dei Lama e ad assumere anche il titolo di sovrano. Lui e i suoi discendenti promossero una campagna per la tibetanità perduta nei secoli rifacendosi alla tradizione degli antichi re (e non solo) e cercarono di porre l’accento sulla rottura con la nuova dinastia cinese alla quale non avevano la minima intenzione di sottostare. Fu ravvivata l’antica tradizione attraverso testi che cantavano la gloria degli antichi re e la vittoria del buddismo sui demoni tibetani: questi “testi riscoperti” (scritti soprattutto da Bon-pa e rNying-ma-pa che cercavano di affermare la loro tradizione antica) si moltiplicarono e furono chiamati “tesori” (gter-ma) mentre chi li trovava (solitamente erano Lama) era conosciuto come gter-ston. La supremazia dei Phag-mo-gru era una continuazione del ruolo di guida spirituale mentre i loro successori (i Rin-spungs e ancora dopo gli gTsang, entrambi patroni del Karmapa) rappresentarono un ritorno al ruolo laico.

In pittura incominciarono ad essere rappresentate le successioni di Lama che spesso in alcuni dipinti venivano rappresentati come reincarnazioni di Buddha specifici al centro del dipinto e con altre figure sacre attorno. La tecnica della xilografia arrivò in Tibet dalla Cina nel XIII secolo.

Il grande studioso e scrittore enciclopedico Bu-ston (1290-1364) ha ordinato la maggior parte delle scritture buddiste accumulate nei secoli anche se molto lavoro era già stato svolto con la sistematizzazione dei testi che andarono a formare il bKa’-‘gyur (=traduzioni della parola del Buddha) ma sembra che lui sia stato interamente responsabile dell’arrangiamento della seconda più ampia sezione, il bsTan’-‘gyur (=traduzione dei trattati) che comprende tutte le traduzioni e commenti disponibili, letteratura esegetica e discorsi di studiosi indiani buddhisti e yogin. Questa grande compilazione segna davvero la fine dell’opera di intere generazioni di traduttori tibetani.

L’ordine rNying-ma-pa (il vecchio ordine) riconosce come maestro e Buddha il saggio yogin Padmasambhava (“nato dal loto”) che sarebbe venuto nell’VIII secolo in Tibet (se ne parla nelle “pergamene di Padma” redatta da questo ordine in base alle storie leggendarie), così questo ordine rappresenterebbe il tipo di buddismo introdotto al tempo dei re buddisti. Sakyamuni resta il beneficiario di semplici preghiere mentre Padmasambhava nelle varie sue manifestazioni divine è il centro di numerosi rituali tantrici. Il rNying-ma-pa sosteneva di essere direttamente in relazione con le prime trasmissioni dall’India al Tibet mentre il bKa’-gdams-pa, il Sa-skya-pa e il bKa’-rgyud-pa avevano le loro basi nell’India del X-XI secolo. I rNying-ma-pa composero (verso il XIV secolo) un “compendio dei vecchi tantra” non compresi nel canone tibetano che sono frutto probabilmente dell’attività dei tibetani che lavoravano sui tantra in collaborazione con yogin indiani.

L’ordine Bon-po, che si proponeva come religione tradizionale tibetana prebuddista, si era fatto strada nei secoli (partendo dall’VIII in cui avrebbe iniziato a svilupparsi) imitando l’organizzazione buddista di cui era sprovvisto: gradualmente svilupparono una letteratura specializzata e una vita organizzata nei templi e monasteri, praticarono la pittura e l’arte statuaria e le forme attribuite alle divinità bon-po furono abili varianti dei temi buddistici indiani. D’altro canto tutte le forme di buddismo che si fecero strada in Tibet sono permeate di tradizione Bon-po tanto che molte divinità prebuddistiche locali sono andate a costituire il pantheon buddista.

Quindi è principalmente dall’XI al XIV secolo (quando il buddismo aveva permeato tutta la società tibetana) che la civiltà, la vita e il pensiero tibetani assunsero la loro forma caratteristica. Anche i cantastorie, oltre a cantare glorie degli antichi re mitici (ora assimilati ai quattro grandi re delle quattro direzioni dello spazio), cantavano nuove storie su personaggi come Padmasambhava e gShen-rab o storie sul “re del nord” (identificato con un discendente della famiglia Gling del nord est del Tibet dal XIV secolo in poi) conosciuto come Ge-sar di Khrom. Gradualmente anche la tradizione popolare incominciò ad essere scritta anche se non aveva alcun contatto con la forma più elevata di letteratura. Dal Lama Sa-skya Kun-dga’bZang-po (1382-1444) nacque un nuovo ordine Sa-skya, quello di Ngor-pa. Oltre alle sei scuole bKa’-rgyud-pa già esistenti (Karma-pa, Phag-mo-gru, mTshal, ‘Bri-khung-pa, sTag-lung Thang-pa, ‘Brug-pa) ne nacque una settima, quella Jo-nang-pa. Questa nuova scuola mise per iscritto alcune influenze di tipo induista (brahmaniche) già esistenti all’interno del buddhismo (soprattutto per quanto riguarda certe divinità induiste che andarono a costituire il pantheon buddista) in particolar modo in riferimento alla dottrina originaria buddista del non-sé portata alle sue estreme conseguenze logiche (che era anche ciò che differenziava i buddisti dalle scuole induiste ortodosse che sostenevano la dottrina di un sé supremo nonostante il loro uso di una via della negazione). Il fondatore di questo ordine, quindi, formulò l’ “eresia” sul “vuoto dappertutto” che distingue questa scuola buddistica dalle altre non senza contestazioni da parte degli altri ordini (che arrivarono a bruciare i templi Jo-nang-pa).