Da anni specie in via d’estinzione, la popolazione del re delle montagne è tornata finalmente a crescere, sia grazie alle leggi a tutela della fauna selvatica, ma in particolare grazie ai monaci tibetani. È merito loro se gran parte dei leopardi è riuscita a sopravvivere al bracconaggio. Una recente ricerca condotta dall’Università di Pechino ha fatto emergere questa realtà inattesa.
Negli altopiani del Tibet, uomini e animali selvatici convivono pacificamente. Anzi, Sono proprio gli uomini a tutelare la vita dei leopardi delle nevi, minacciati dal bracconaggio. Tantissimi animali, sono stati purtroppo decimati dai cacciatori, per le pelli e gli organi interni, usati dalla medicina tradizionale tibetana. Ma le accuse ricadono anche sui pastori, che per proteggere il bestiame, uccidono i leopardi.
Più o meno, la metà dei monaci buddisti e tali splendidi animali condividono lo stesso habitat, vivendo nelle alture dei monti cinesi. E il 90% vive nei pressi della riserva naturale di Sanjiangyuan. Oltre 300 monasteri sorgono da quelle parti, mentre il 60% della popolazione mondiale dei leopardi delle nevi trova in Tibet riparo. Di fatto, i monaci tibetani sono i guardiani della fauna selvatica.
I monaci anziani, tra cui il Rinpoche e Khenpos, sono i principali promotori di questo comportamento, influenzando le loro comunità e invitando al rispetto e alla tutela degli animali del creato, seguendo i dettami della loro religione. Secondo lo studio, inoltre, il buddismo tibetano è praticato dall’80% delle persone che vivono a contatto coi leopardi delle nevi.