Tragedia sul versante indiano dell’Himalaya. Nella giornata di ieri un costone del ghiacciaio himalayano Nanda Devi si è staccato precipitando in una gola dello stato settentrionale indiano di Uttarakhand. Il boato e poi il crollo. Una pioggia di massi si è infatti abbattuta contro una diga indiana, provocando inondazioni che hanno costretto l’evacuazione dei villaggi a valle. Centinaia i dispersi mentre il numero delle vittime continua a salire. “Una vera tragedia”, hanno dichiarato le autorità indiane.
Il distaccamento ha provocato l’innalzamento del livello dell’acqua del fiume limitrofo sulle cui rive era posizionata una centrale idroelettrica tanto che questa è stata totalmente sommersa dalle acque e dal fango. Ancora da capire le cause della tragedia dato che di recente non sembrano esserci state precipitazioni neanche ad alta quota, ma gli scienziati sono unanimi nel trovare nel riscaldamento climatico il principale artefice di questo crollo. “Questo disastro richiede ancora una volta un serio esame della frenesia della costruzione di dighe idroelettriche in questa regione eco-sensibile”, ha dichiarato all’agenzia di stampa Reuters Ranjan Panda, un volontario per il Combat Climate Change Network che si occupa di questioni relative all’acqua, all’ambiente e al cambiamento climatico.
UNA MONTAGNA SACRA A LUNGO DISSACRATA – Purtroppo lo stato dello Uttarakhand non è nuovo a questi disastri. Nel giugno 2013, piogge record hanno causato inondazioni devastanti che hanno ucciso quasi 6.000 persone. Quel disastro è stato soprannominato lo “tsunami himalayano” a causa dei torrenti d’acqua scatenati nella zona montuosa, che hanno fatto schiantare fango e rocce, seppellendo case, spazzando via edifici, strade e ponti.
La tragedia è avvenuta sul Nanda Devi, una montagna considerata sacra dagli indiani. Eppure nonostante la carica spirituale del luogo “la Dea che dà la beatitudine”, è sempre stata oggetto di una vera “violenza” ecologica. Nonostante la particolare conformazione geografica e geologica non lo dovrebbero permettere, negli anni ai suoi piedi sono state costruite numerose centrali idroelettriche, senza contare che il Nanda Devi cova nel suo ventre roccioso una pillola avvelenata, finita tra i ghiacciai per la stupidità umana.
Nel 1964 infatti la CIA diede il via all’operazione Montagna Blu. L’obiettivo era spiare la Repubblica Popolare installando un’antenna-spia di due metri sulla vetta della montagna sacra Nanda Devi (7816 m), alimentandola con un generatore nucleare. Peccato che la montagna in questione sia una delle più diffiicili al mondo da scalare e la spedizione, a causa delle condizioni avverse, decise una volta arrivati quasi al traguardo, di tornare a valle. Ed il plutonio? Troppo pesante, meglio lasciarlo lì e raccoglierlo l’anno successivo. Un buon piano, se non fosse che gli sherpa non riuscirono mai a ritrovare il sito dove nascosero le batterie di plutonio. Le ricerche vanno avanti per oltre 20 anni e ad oggi, c’è il serio pericolo che il deterioramento delle batterie di plutonio possano inquinare direttamente il Gange.
1.8 MILIARDI DI PERSONE A RISCHIO – La storia del Nanda Devi è forse la punta dell’iceberg di come l’uomo abbia maltrattato la natura negli anni. Fortunatamente sono nati anche movimenti ambientalisti che hanno posto l’accento sull’importanza della salvaguardia ambientale di queste aree. La Cina ad esempio nell’ultima decade ha investito molto sulla protezione di questa delicata parte di mondo. Una necessità cui è legata anche una scelta politica pragmatica. Da tempo gli studiosi, soprattutto cinesi, hanno messo in guardia su come in un futuro quanto mai prossimo il riscaldamento globale si porterà via un terzo dei ghiacciai dell’Himalaya.
Nella migliore delle ipotesi, i cambiamenti climatici provocheranno la scomparsa di un terzo dei ghiacci dell’Hindu Kush, un sistema montuoso che dona acqua dolce a un quinto della popolazione mondiale. Nella peggiore, trasformerà queste vette in nuda roccia. In poche parole il cosiddetto Terzo Polo della terra è in pericolo. Come ha sottolineato la rivista Focus, l’impatto sulla regione nei prossimi decenni avverrà in varie forme, da un maggiore inquinamento dell’aria all intensificazione degli eventi climatici estremi: nelle valli fluviali ai piedi di questo sistema vivono miliardi di persone, vulnerabili a inondazioni e distruzione dei raccolti. Ma sono la riduzione pre-monsonica della portata dei fiumi e l’irregolarità dei monsoni stessi a preoccupare di più. Gli effetti sulla produzione di cibo e di energia e sulle riserve di acqua urbane si faranno sentire, in un’area già suscettibile ai disastri naturali, come i terremoti. La situazione è davvero drammatica, ma grazie al pressing della Cina, anche la situazione in questa area di mondo ha ricevuto la stessa attenzione di quelle dei poli nord e sud