IL MASTINO TIBETANO: IL GUARDIANO DEI CONFINI

Grazie al suo isolamento geografico, il Mastino Tibetano, è rimasto quasi alterato geneticamente, ma ancora oggi l’origine di questo meraviglioso cane è avvolta in un alone di mistero.  Il primo a parlarne fu il grande filosofo greco Aristotele che parlava dei feroci cani orientali come frutto dell’unione di cani e tigri. Anche Marco Polo nella sua opera Il Milione li descrisse alti come un asino e potenti come un leone nelle fattezze e nella voce, infine anche gli esploratori inglesi dell’800, incuriositi da questa fiera razza canina, ne portarono alcuni esemplari in Europa dove finirono esposti come belve allo zoo di Londra.

Le testimonianze documentaristiche dalle terre d’origine, riportano una realtà molto variegata con soggetti morfologicamente disomogenei, come è logico aspettarsi da una razza diffusa su un territorio così vasto. Il termine Do-khyi, traducibile come “cane legato” o “cane da legare” indica il cane da guardia, ma occorre precisare che i tibetani chiamerebbero Do-khyi anche un Pastore Tedesco adibito alla guardia della casa. Senza voler scendere eccessivamente nel dettaglio, dobbiamo distinguere almeno due tipologie principali:

  • il tipo “dei nomadi”, anche detto brog-khyi, un cane più leggero, dotato di maggiore mobilità, con tratti molossoidi meno marcati, allevato per la custodia degli accampamenti e dei villaggi;
  • il tipo “da monastero”, anche detto rong-khyi, più pesante, dai tratti più molossoidi, allevato in passato principalmente per la guardia ai monasteri e ai palazzi dei nobili, dove oltretutto potevano essere nutriti in modo più sostanzioso, favorendo lo sviluppo del loro potenziale genetico di statura e massa corporea.

A questo secondo tipo in particolare si crede facessero riferimento le testimonianze storiche più impressionanti. Storicamente, sembra fossero molto apprezzati cani di questo tipo diffusi nella regione Shannan (Lhoka in Tibetano) ovvero un’area ad Est di Lhasa lungo la valle dello Yarlung Tsampo o nella regione Hequ (anche detta Gannan) ovvero l’area delimitata ad Est della prima ansa del Fiume Giallo.

Nella letteratura cinofila lo troviamo spesso citato come progenitore di tutti i Molossoidi o perlomeno dei Cani di Montagna, teoria derivante probabilmente proprio dalle numerose citazioni di autori antichi, oltre che da alcune caratteristiche primordiali della razza, come ad esempio l’unico ciclo riproduttivo annuale delle femmine. Ancora oggi, nonostante la bellezza potente e grandiosa, resta una razza poco diffusa, non solo in Italia, ma anche nella sua stessa terra.

Mastino Tibetano: carattere

Grande e grosso, sicuro ed affidabile: il Mastino Tibetano ha tutte le carte per essere il custode perfetto delle remote ed isolate case tibetane. Come indole, è un cane mansueto e non aggressivo, ma si sente totalmente responsabile, quanto a incolumità, della famiglia che lo adotta. A questo senso di responsabilità, appunto,dobbiamo il suo mostrarsi fiero e indipendente. Certo comprendo che non tutti possono comprendere un tale comportamento e soprattutto gestirlo. Spesso il Mastino Tibetano è additato come non addestrabile, ma per secoli è stato il compagno fedele di molti pastori e monaci dell’Altopiano Un’altra caratteristica di questo fiero animale è la sua propensione ad abbaiare. In tempi antichi la loro voce veniva paragonata a quella di un pesante gong cerimoniale

Mastino Tibetano: aspetto

Taglia imponente, le misure medie al garrese per il maschio sono circa 66 cm, 61 perla femmina. La dimensione non è la sola caratteristica che lo rende riconoscibile, questo cane ha anche una folta criniera che gli regala una testa leonina a tutti gli effetti, tanto da essere scambiato e paragonato nel corso dei secoli per un leone.

L’interesse per l’Occidente nei confronti del Mastino Tibetano nacque con l’affiorare dei primi tentativi di allevamento in Europa negli anni 20 e 30 per opera degli inglesi con l’importazione di soggetti che però non hanno avuto discendenti fino ai nostri giorni.

Un nuovo impulso si ebbe negli anni 70 da parte di allevatori olandesi e francesi che ha portato al riconoscimento del Mastino Tibetanof nello standard FCI e in tutti i maggiori standard internazionali. Tale selezione, che costituisce la base di tutte le maggiori linee di allevamento europeo moderno, ha però avuto il torto di mescolare indiscriminatamente tutte le tipologie disponibili, partendo soprattutto da cani nepalesi ed indiani, i più facili da reperire. A questo si deve lo sconcerto del neofita che, avendo in mente le leggendarie descrizioni letterarie del Molosso del Tibet, si scontra con la misera realtà della maggior parte dei soggetti di allevamento occidentale.