Conosciuto come “Tetto del Mondo”, il Tibet ha le montagne più alte al mondo. Camminando per questa regione è possibile trovare paesaggi di straordinaria straordinaria bellezza, ma anche un clima estremo e selvaggio. In questa cornice mistica, colpisce la vita di un popolo che, forte e resiliente, prospera da secoli in queste condizioni, mantenendo intatte le sue tradizioni: i nomadi Dropka. Ma come vivono queste popolazioni? Rispetto della natura, adorata e rispettata come un Dio potente. Di seguito una canzone nomade, che ben ci descrive le loro abitudini.
“La cima della montagna,
Indossa la neve come un cappello di pelle di agnello.
Vieni alla mia luce, sole splendente
E toglierò quel cappello di agnello.
La montagna indossa una cintura di nebbia.
Vieni dolce vento
E allento la cintura.
Il piede della montagna
Indossa una scarpa di fiume ghiacciato
Vieni in primavera, con il tuo calore
E mi toglierò le scarpe. ”
I Dropka, così come tutti i tibetani, pongono la spiritualità al centro della vita. Entrare in contatto con il loro mondo, totalmente e volutamente lontano dalle comodità di oggi, incuriosire e commuove.
Drokpa significa “popolo delle solitudini”, e sono veramente un popolo di montagna, dediti all’allevamento, in totale isolamento ad alta quota per millenni. Il loro modo di vivere è rimasto immutato per secoli, il che li rende custodi naturali delle grandi praterie tibetane e esempi viventi di una reale ed autoctona cultura dell’Altopiano.
Viaggiando per il Tibet Orientale è facile entrare in contatto con le famiglie Amdo e Kham. Ciò che colpisce è la loro selvaggia rudezza mista a fierezza, il che fa trasparire uno spirito indipendente, che non si è piegato neanche con l’arrivo del Buddhismo. Tuttavia questa forza esteriore, nasconde una sincera cordialità ed ospitalità.
Ad impressionare è la forza delle donne Dropka. Queste sono il vero collante delle tribù, facendo la maggior parte del lavoro nei campi. Tra le tende variopinte è possibile sentire l’odore dolce del burro di yak o assaporare il caldo tè tibetano, per ripararci dalle rigide temperature dell’Altopiano.
Lo studioso Daniel Miller ben descrisse questo popolo: “La comprensione approfondita che i nomadi tibetani hanno della loro terra non può essere appresa sui libri. Può essere raggiunta solo cavalcando per anni e generazioni nelle praterie. Importante è tramandare questo alle future generazioni.”