In Tibet un proverbio recita: “E’ più misero colui che resta un giorno senza té di colui che per una settimana resta senza carne”. Il tè tibetano è imparentato col tè cinese (com’é ovvio che sia), ma ha caratteristiche proprie, sviluppate e consolidate nel corso dei secoli, che lo contraddistinguono e gli donano uno charme e un’importanza particolari.
Il tè che viene consumato in Tibet cresce prevalentemente nel Sud-Ovest della Cina, nella Provincia di Sichuan e appartiene alla comunemente diffusa categoria di té neri raccolti a un’altitudine media di 1000 metri. Esso facilita la peristalsi e la digestione dei grassi, per questo è fondamentale nella dieta dei Tibetani che spesso si mantengono ancora con lavori agricoli molto faticosi, che richiedono vasta disponibilità di energia.
L’unico modo per fornirle, in un’alimentazione tradizionalmente povera di zuccheri semplici, è il consumo di cibi altamente grassi, che però normalmente sono lenti e laboriosi da digerire; l’assunzione regolare di tè aiuta questo processo.
I Tibetani, notoriamente, aggiungono burro di yak al loro té, creando una bevanda corroborante che per loro è un vero e proprio alimento: un liquido scuro, denso, con un ricco retrogusto di latte e panna. Il consumo di tè al burro di yak è anche consigliato agli stranieri, per contrastare il malessere da altitudine e anche per ammorbidire le labbra secche e screpolate dai rigori delle montagne.
I Tibetani imparano ad amare il loro tè tradizionale fin dall’infanzia: nella casa tibetana infatti spetta ai giovani preparare e servire il tè ai genitori e ai parenti più anziani; esso deve sempre venire offerto loro con la tazza stretta in entrambe le mani e quando lo si versa nella tazza la mano non impegnata deve venire tenuta col palmo rivolto verso l’alto. Questi dettagli sono fondamentali per la ritualità connessa col tè, una vera e propria cerimonia, che si ritiene migliori il gusto e la salubrità della bevanda.
E’ tradizione nelle aree nomadi che si sviluppino ulteriori abitudini e particolarità, come ad esempio l’uso di usare le foglie di tè già usate come foraggio per il bestiame. Foglie di tè usate, tsampa e burro vengono mescolati in uno speciale pastone con cui viene nutrito il bestiame prima dell’aratura del terreno.