Tra le principali Divinità del Buddhismo Tibetano è importante citare Amithaba, il Buddha della Terra Pura Occidentale. Amithaba non è una figura esclusiva del Tibet; anzi, la sua importanza è persino superiore in certe scuole buddhiste cinesi e giapponesi. Amithaba infatti non è una divinità citata nei Tantra (come Chakrasamvara, Kalachakra, Hevajra e molte altre) – testi molto tardi del Buddhismo che sono fondamentali per il credo lamaista – ma trova posizione già nei Sutra Mahayana.
Il Mahayana è una corrente buddhista che ha rivoluzionato le credenze tipiche del Buddhismo primitivo. Quali le differenze. Inizialmente i buddhisti ritenevano il Buddha un semplice uomo che ha completamente eliminato i propri limiti mentali e desideri terreni. Tuttavia al momento della morte, egli entrò in uno stato di cessazione dell’esistenza. In poche parole con il Mahayana i Buddha vengono divinizzati. Essi diventano delle vere e proprie Divinità eterne, che non si estinguono al momento della morte ma al contrario continuano a manifestarsi fino alla fine del samsara, in infinite forme che ricordano vagamente gli avatara dell’Induismo. I Buddha creano delle Terre Pure, dei veri e propri paradisi che non sono ritenuti degli eden samsarici o dei mondi dualistici, ma delle manifestazioni di una mente illuminata – idealizzati poi nel Tantra nei mandala – in grado di portare coloro che vi rinascono direttamente all’Illuminazione. Le Terre Pure sono infinite, tante quanto numerosi sono i Buddha. Tuttavia all’interno di questo pantheon è proprio la Terra Pura del Buddha Amithaba ad avere un ruolo principale. Perché tale popolarità?
La popolarità di Amithaba
La ragione risiede nel mito stesso di Amithaba. Sono tre i Sutra Mahayana che ne parlano: il Sukhāvatīvyūha Sutra lungo, il Sukhāvatīvyūha Sūtra breve ed il Amithayurdhyana Sutra. Questi testi raccontano che colui che oggi conosciamo come Buddha Amithaba in una vita precedente era un grande Bodhisattva di nome Dharmakara. Questo bodhisattva era un Re e, per seguire l’insegnamento del Buddha Lokeshvararaja, rinunciò al trono. La sua compassione verso tutti gli esseri senzienti fu tale che, prima di raggiungere l’Illuminazione, il bodhisattva Dharmakara fece dei voti molto potenti a loro favore.
La tradizione ricorda quindi i 48 grandi voti del Bodhisattva Dharmakara: questi riguardavano principalmente la sua futura Terra Pura, che nei suoi potenti auspici dovrà essere dotata di caratteristiche eccezionali e dovrà essere facilmente accessibile, pena il non raggiungimento della sua Illuminazione. L’accessibilità della sua Terra Pura deve essere tale che a qualunque essere senziente basterà il desiderio di rinascere dopo la morte lì e invocare il suo nome poche volte affinché ciò avvenga.
Così, dopo aver raggiunto la Buddhità, il Bodhisattva Dharmakara divenne il Buddha Amithaba. Il nome di Amithaba significa letteralmente “Luce Infinita”, in cinese è spesso chiamato 阿弥陀佛 (“Āmítuófó”), mentre in giapponese è solitamente definito Amida. La Terra Pura che creò in virtù dei propri voti invece è chiamata Sukhavati, ovvero Terra della Grande Beatitutine. La facile accessibilità di Sukhavati, nelle credenze buddhiste, è assolutamente straordinaria, in quanto le Terre Pure degli altri Buddha sono solitamente credute essere accessibili dalla prima bhumi del bodhisattva in su, ovvero già da uno stato di realizzazione straordinario.
La scuola della Terra Pura
Fu così che nacquero delle scuole, come quella chiamata “Scuola della Terra Pura”, che iniziarono a sostenere che tutte le altre vie buddhiste sono ormai non funzionanti in questo presente Kali Yuga, e ormai l’unica possibilità di salvezza consiste nell’affidarsi alla grazia di Buddha Amithaba. Questa scuola, pur molto popolare in Asia, ha trovato terreno poco fertile tra i buddhisti in Occidente, in quanto l’obiettivo di rinascere in un paradiso per via della grazia concessa da un Dio in virtù della propria fede in lui è ritenuto eccessivamente simile al Cristianesimo, religione da cui solitamente gli occidentali che si danno al Buddhismo sono scappati in modo polemico. Nella tradizione tibetana l’importanza di Amithaba è sicuramente inferiore rispetto alla scuola della Terra Pura cinese e giapponese. Però, il suo resta comunque un ruolo di rilievo. Viene elevato ad uno dei cinque Dhyani Buddha, i Buddha che rappresentano le cinque energie illuminate primordiali a fondamento dei cinque elementi che costituiscono il Cosmo, venendogli pertanto attribuito un valore sul piano cosmico.
Secondo la cultura tibetana, Amithaba viene rappresentato di colore rosso, colore che si può legare all’Amore che Amithaba prova per tutti gli esseri. Il suo colore è anche legato al tramonto del Sole, che avviene proprio a Occidente dove la sua Terra Pura si dice essere collocata. Il tramonto, poi, sul piano archetipico rappresenta la morte, ed essendo il culto di Amithaba particolarmente indicato ai morenti per avere un destino migliore nel dopo-morte, il cerchio del suo simbolismo si chiude.
Nella tradizione tibetana la devozione ad Amithaba viene sviluppata dal praticante soprattutto per augurarsi un migliore destino nel dopo-morte, ma costituisce una sorta di corollario in questa via spirituale e ad altri Buddha e Yidam spettano funzioni diverse. Forse a controbilanciare la sua natura eccessivamente funeraria, esiste un alquanto importante aspetto di Amithaba che, al contrario, è associato alla Lunga Vita. Questo si chiama Amitayus ed è riconoscibile perché possiede nelle mani l’ampolla con l’amrita, il nettare di immortalità.
Nella storia del Tibet inoltre diversi Lama sono stati ritenuti essere delle emanazione di Amithaba, tra i vari i più famosi sono il Panchen Lama (che tradizionalmente ha avuto un ruolo importante nel riconoscimento e nella formazione dei Dalai Lama) e lo Shamarpa (che ha avuto un ruolo similare nei confronti del Karmapa, capo della scuola Karma Kagyu).