In un precedente articolo abbiamo parlato di Kurukulla, importante Dea tibetana dell’amore, del magnetismo e dell’attrazione. Adesso, per comprendere meglio la mentalità e l’operatività del Vajrayana buddhista, sintetizzeremo il testo da cui la pratica di Kurukulla ha origine: l’Āryatārākurukullākalpa, ovvero il “Manuale Pratico della Nobile Tara Kurukulla”.
L’Āryatārākurukullākalpa è il tantra radice della Dea Kurukulla. Il suo mantra fa apparizione già nell’Hevajra Tantra, ma è qui che la sua natura e la sua pratica viene descritta nel dettaglio. Inoltre, l’Āryatārākurukullākalpa è un testo canonico: è l’unico testo centrato su Kurukulla a trovarsi nel Kangyur (ci sono poi 13 liturgie su Kurukulla nel Tegyur, ed una ricca tradizione indigena tibetana centrata su questa Divinità, che questi testi canonici ha generato).
L’Āryatārākurukullākalpa si traduce con “Manuale Pratico della Nobile Tara Kurukulla”. Già dal titolo del testo si evincono due cose: il fatto che Kurukulla sia identificata con Tara, ed il fatto che il testo sia un manuale pratico. Infatti, questo manuale consiste essenzialmente in una raccolta di pratiche e riti da cui il tantrika iniziato a Kurukulla può attingere in base ai propri scopi.
Nella sua versione sanscrita il testo possiede otto capitoli mentre in quella tibetana ne possiede cinque, ma il contenuto è quasi uguale. Questa settimana vi porteremo alla scoperta di questo sacro testo nella sua versione tibetana, in un viaggio in “tre puntate”. Pronti?
CAPITOLO PRIMO
Il primo capitolo, dopo aver omaggiato il bodhisattva majushri e la dea tara, racconta il contesto in cui tale tantra è sorto. viene dichiarata la discendenza letteraria di questo manuale da un altro testo tantrico, il sorgere di tara, che però è scomparso. e’ per beneficiare gli esseri in seguito alla scomparsa di questo tantra che il famoso bodhisattva avalokiteshvara diede questo manuale di pratica su kurukulla.
L’insegnamento – come nello stile della maggior parte dei Sutra e dei Tantra – si pone in un contesto mitico: a darlo è una Divinità (Avalokiteshvara appunto) nella sua residenza astrale (la Montagna del Potala) davanti ad un uditorio composto da creature spiritiche leggendarie, come gli yaksha (spiriti della terra), i naga (spiriti serpenti), i raksha (demoni), i deva (spiriti celesti) e molti altri.
La prima cosa detta da Avalokiteshvara è che in questo mondo gli esseri sono senza rifugio, afflitti dai tre tipi di sofferenza; è a loro che il Tantra è rivolto; per loro Kurukulla rappresenterà il Rifugio ultimo in grado di portarli fuori dal samsara.
Dopo di che avviene la spiegazione su come creare una icona della Dea Kurukulla: anche quello è infatti un atto sacro. L’artista dovrà possedere caratteristiche particolari: le mani ed i piedi dovranno essere rossi; gli occhi anche dovranno essere di colore rosso, e dovranno avere la forma di quelli degli uccelli; le gambe poi dovranno essere come quelle dell’antilope nera.
Solo disegnare l’immagine porterà realizzazione al praticante. Il disegno dovrà avvenire in un giorno di buon auspicio di primavera, dopo una astensione da carne e alcolici ed indossando un vestito di colore rosso. Successivamente viene spiegata l’iconografia a cui l’artista dovrà attenersi, che possiamo osservare anche nei dipinti tibetani. Viene specificato che sopra Kurukulla dovrà essere disegnato Amithaba, e sotto di lei ci saranno Kama e Rati (gli Dei induisti dell’amore) e Rahu. Si giunge al punto più importante forse di tutto il Tantra, la proclamazione del mantra di Kurukulla. Esso è: Oṃ kurukulle hrīḥ hūṃ svāhā
Questo mantra dovrà essere recitato in via preliminare per centomila volte. Dopo di che, se il praticante vorrà ottenere le siddhi del mantra, dovrà prima organizzare un festino tantrico (ganachakra) in un giorno di buon auspicio, e poi trovare il luogo adatto ad una pratica in ritiro della sadhana di Kurukulla, in cui mediterà e reciterà centomila mantra per ciascuna delle sillabe del mantra in questione.
Durante questa pratica intensiva il praticante otterrà delle realizzazioni:
– Giunti al primo terzo della sua pratica, la sua intuizione incrementerà;
– Al secondo terzo, otterrà il potere della fascinazione;
– Alla fine, il praticante sarà in grado di neutralizzare i veleni.
Molti altri sono i benefici elencati: il praticante sarà onorato e sarà in grado di attrarre le donne più seducenti del mondo; persino le Dee saranno vinte dal suo carisma. Otterrà inoltre infinita ricchezza: persino un regno se lo vorrà. Acquisirà il potere di controllare gli animali selvatici. Infine diventerà Tara stessa, e acquisirà il potere di portare beneficio a tutti gli esseri. Anche la ricchezza che otterrà verrà usata per beneficiare gli altri.
Si badi però, solo i nobili in spirito potranno ottenere questi benefici. Questi poteri saranno concessi a chi non uccide alcun essere senziente, a chi pratica le dieci virtù buddhiste e a chi è devoto della grande causa del Mahayana. Così finisce il primo capitolo del Manuale.