Non esistono stime ufficiali, ma si ritiene che in Tibet sono oltre 2 milioni i tibetani ancora dediti al nomadismo, un’affascinante, quanto sconosciuta, componente della cultura tradizionale tibetana. Motivo? Questo stile di vita ha le radici nella storia del Tibet stesso. Da secoli i tibetani praticano una vita nomade, per lo più dediti alla pastorizia, accompagnando per le valli all’interno dei confini dell’Altopiano mandrie di capre, pecore e yak. Una cultura ancora non del tutto studiata, ma che affascina studiosi e antropologi provenienti da tutto il mondo.
Come sappiamo in Tibet convivono più di un ceppo etnico, ma le tribù nomadi dell’altopiano, stando a quanto affermano essi stessi, “sono diverse dalle altre”. Ed è vero. Il loro stile di vita assai estremo, li rende unici anche oltre i confini di Lhasa. Ciò che distingue veramente i nomadi tibetani è l’altitudine estrem cui vivono e l’esposizione quotidiana ad un meteo montano quotidianamente imprevedibile. Il Tibet è una regione abbastanza estesa, all’interno del quale è possibile trovare diversi microclimi. Il Tibet centrale, ad esempio, presenta un clima più piacevole rispetto le zone selvagge del nord dello Xizang. A Nagchu, con un’altitudine media di oltre 4500m, il clima è talmente impervio che non solo l’aria è rarefatta con circa la metà dell’ossigeno rispetto ail livello del mare, ma la temperatura media annuale è sotto lo zero e la temperatura più bassa mai registrata ha raggiunto meno 42 gradi. Ebbene, in queste zone i nomadi tibetani sono soliti far pascolare i loro animali.
Tuttavia la severità del clima esterno è sempre contrapposta la serenità e il sorriso dei nomadi tibetani. Questi sono ben conosciuti per il loro ottimismo, bontà d’animo ed ospitalità. Arriva una nevicata o un gelo inaspettato? C’è sempre spazio nella loro tenda per una persona in più.
Una delle caratteristiche sorprendenti dei nomadi tibetani infine il rapporto armonioso tra loro e il loro bestiame, così come tra i nomadi e la natura. Famosi per essere prodi cavalieri, gli yak, insieme ai famosi cavalli tibetani, svolgono ovviamente un ruolo indispensabile nel mantenere le necessità quotidiane dei nomadi. I nomadi maschi delle tribù, oltre a dedicarsi alla transumanza trasformano la lana di yak in funi e fionde mentre le donne tessono la lana in tessuto per tende, coperte, borse e vestiti.