Tre le grandi mostre inaugurate solo questo ottobre – a Tokorozawa, New York e Toronto. La prima, di 100 thangka ricamati; le altre due, di oltre 60 thangka dipinti. Il punto in comune? La fonte, culturale e spirituale. Perché sia le opere della prima collezione, sia gli artisti delle altre due arrivano dall’altopiano Qinghai-Tibet.
La mostra di Tokorozawa, interculturale, è divisa in quattro sezioni: la storia dei thangka, la maestria del ricamo, i significati delle raffigurazioni e lo scambio di tecniche e influenze tra l’Altopiano tibetano, la Cina e il Giappone. In poche parole, il percorso di questa magnifica Arte dalla sua nascita e tradizione alla fioritura durante le dinastie Ming e Qing e alla sua evoluzione nei secoli, fino alle 10 tecniche utilizzate oggi. Un patrimonio di rara bellezza, che testimonia i legami profondi tra queste terre e il potere unificante della Cultura. Quel riconoscersi cioè, al di là delle differenze e persino dei contrasti, nell’essenza condivisa dei thangka e dei loro simboli: l’inesauribile potenziale della vita e la ricerca della felicità.
Nella mostra di New York invece, presso la Galleria d’Arte Rockefeller, 16 opere del maestro Niangben – nato in una famiglia povera del Regong, “culla” delle arti tradizionali tibetane, e oggi suo erede di spicco. Che ha cominciato a 12 anni, studiato e lavorato per altri 40, infine formato centinaia di giovani artisti nel Qinghai Huangnan Regong Painting Institute – da lui creato per insegnare l’arte dei thangka ai bambini di famiglie in difficoltà. La sua particolarità? La tecnica tradizionale, la stessa usata per il Palazzo del Potala. Cioè, l’uso dei pigmenti minerali (come l’oro, l’argento e il cinabro) e dei coloranti naturali dalle piante (come lo zafferano e la gardenia), che – a differenza della più facile e in voga pittura digitale – possono far durare i dipinti per centinaia di anni. Parole-chiave: sincerità e pazienza.
Infine, la mostra di Toronto. Con circa 50 opere di Sangye Tsering, anche lui nato nella regione del Regong. Allievo a soli 8 anni e oggi trentaseienne, uno dei più giovani eredi dell’Arte dei thangka sulla scena internazionale. Che ha studiato anche la tradizione pittorica egizia, greca e romana, senza dimenticare le influenze indiane e cinesi sul Buddhismo e dunque sull’arte religiosa dell’Altopiano tibetano. E che, come Niangben, oggi insegna alle giovani generazioni. Perché i thangka, più che una forma artistica, sono uno stile di vita. “Attraverso il quale possiamo portare al mondo verità, bontà e bellezza”.