Come in tutte le culture, anche la scultura tibetana in argilla ha le sue chiare peculiarità – trasmesse dalle stesse genti che la praticano. Un lascito culturale radicato, che secondo gli esperti risale a più di 2mila anni fa.
Storicamente, la scultura in argilla si diffonde principalmente nelle aree di Lhasa, Shigatse (o Xigaze), Chamdo e Lhoka. Ma quando Lhasa diventa ‘culla’ degli artisti più abili e rinomati, chi vuole apprendere e migliorare le proprie tecniche si trasferisce qui – fenomeno che, nel tempo, porterà alla concentrazione di un numero particolarmente elevato di maestri scultori nella Capitale spirituale del Tibet.
“L’argilla che usiamo viene portata dal distretto di Lhünzhub, giacché le argille di altre aree non garantiscono gli stessi risultati: abbiamo provato con la terra nera e altre materie simili, ma l’effetto non è stato soddisfacente“, racconta il maestro scultore Xiluo. Così, la terra rossa di Lhünzhub, che non contiene residui di sabbia, è diventata la materia prima di riferimento. Ma, per essere utilizzata al meglio, questa ricercata terra rossa richiede un’elaborazione speciale: i blocchi di terra devono essere prima schiacciati e poi mescolati con l’acqua, periodo durante il quale all’impasto bisogna aggiungere del cotone, delle fibre di paglia e degli sfilacci di carta tibetana. La massa risultante viene poi colpita ripetutamente e con vigore, fino a quando tutti i materiali non si siano amalgamati perfettamente.
In quanto alla tecnica scultorea, gli artisti dell’argilla seguono i vecchi metodi: “Esistono norme rigorose, che non possono essere cambiate arbitrariamente”, spiega il maestro Xiluo. “Il mio maestro faceva richieste molto rigide, e spesso sono stato rimproverato per un lavoro scadente. «Se vuoi completare il tuo allenamento e iniziare la tua vita, ci vorranno almeno 5-6 anni», diceva – e io ho perseverato fino a quando non ho raggiunto un’abilità soddisfacente”.
Come Kelsang Pedrong, autore in 30 anni di migliaia di sculture del Buddha basate sui racconti e sui libri antichi e fondatore di un’azienda con decine di tirocinanti e dipendenti, quasi tutti provenienti da famiglie povere. Un’artista che ha cominciato a 17 anni nella prefettura di Huangnan della provincia del Qinghai – culla delle Arti Regong (pittura, scultura, incisioni, architettura e ricamo), oggi patrimonio culturale immateriale UNESCO – e che a 23, ancora si dedicava all’apprendimento nei monasteri. Dichiarando tempo dopo che, dalle basi della pittura thangka alla scultura in argilla, ci vogliano più di 10 anni per avere una piena padronanza di queste arti.