Il debutto risale in realtà a fine dicembre 2023, quando l’arte tradizionale delle contadine di Gyantse nella prefettura di Shigatse, con il sostegno di un gruppo imprenditoriale di Shanghai, comincia a raggiungere le Capitali internazionali. Un’inedita combinazione tra artigianato tradizionale tibetano e nuove tecnologie dalla Cina, a cominciare dai telai portatili sviluppati guardando i gesti di queste donne e che hanno reso possibili le mostre itineranti nel mondo.
Nata come lavorazione circa 2mila anni fa nell’antica città di Jiedexiu, ‘Pulu’ è il nome della lana di pecora (changpel) che nel Tibet si usa da sempre per creare toghe femminili, stivali (songba), cappelli, alcuni accessori, tappeti – anche piccoli, per le selle – e persino giocattoli. E la Contea di Gyantse a più di 4mila metri sul mare, rinomata per i suoi monasteri e dove quasi ogni donna sa lavorare questa lana, è famosa proprio per la tessitura. Mantenendo dunque gli elementi tradizionali, il gruppo imprenditoriale ne ha portati altri della Moda moderna. Allargando la produzione a sciarpe, scialli e altri manufatti molto richiesti, facendo conoscere questa arte nel mondo e, allo stesso tempo, risolvendo la disoccupazione femminile locale.
Parliamo di una fibra che contiene un’alta quantità di lanolina, pertanto molto morbida, fine, liscia, spessa, calda, antivento e antipioggia. Prima pettinata, poi attorcigliata con le dita attorno a un fuso, quindi tessuta con un telaio a navetta in legno e – se non lasciata bianca – tinta di blu (indigo), ocra (rabarbaro), marrone o grigio (noce) oppure rosso (robbia). Se destinata ai monaci, allora lavorata solo da uomini. A ogni modo, così pregiata e così bella da far parte storicamente degli omaggi inviati alla corte di Kublai Khan e dei successivi regnanti della dinastia Yuan.
Ieri, artigianato tradizionale; oggi, una vera piccola industria. Che coinvolge anche alla lana di yak, da sempre usata per fare le iurte e meno delicata sulla pelle. Ma che oggi, grazie alla fondatrice a Shanghai del marchio ‘Sandriver’, viene lavorata combinando la tecnica mongola dell’infeltrimento a mano – origine del miglior cashmere al mondo – con quella tibetana della tessitura Pulu. Diventando così l’unico prodotto invitato per essere venduto dal famoso negozio parigino ‘Le Bon Marché’’.
Come per gli oggetti in rame e argento o i tappeti valorizzati dalla Nuova Via della Seta, l’arte del ricamo o la scultura in argilla, con il recupero dei mestieri tibetani tradizionali i residenti dell’Altopiano tibetano possono ora tramandare questo prezioso patrimonio di antica sapienza migliorando, al contempo, la qualità della loro vita.