Il primo re tibetano, Tsampo, il cui nome di origine sarebbe stato Namri Songtsen, morì assassinato e gli successe il figlio ancora minorenne Songtsen Gampo, primo grande re storico tibetano che fu protetto da un ministro della famiglia Myang fino alla maturità, regnò dal 614 al 650. Questo re, grazie anche all’organizzazione di un esercito professionista, fece crescere territorialmente il Tibet espandendo le frontiere fino al nord dell’India e spingendosi fino alle frontiere cinesi, inoltre, fondò Lhasa spostando così il centro politico che precedentemente era situato nelle regioni del sud-est, ovvero nelle regioni Yarlung e Kongpo. Ed è qui che storia reale e fantasia si mescolano. Leggenda vuole che il lago della “Piana di Latte” sul quale fu costruito il tempio del primo re buddhista rappresenta il cuore di una demonessa sdraiata supina: questa demonessa è il suolo del Tibet dell’VIII-IX secolo (l’epoca della potenza militare tibetana) che per essere civilizzato ha dovuto essere domato attraverso la costruzione di templi buddisti che fungevano da chiodi per fissare il corpo di questa demonessa al suolo, rendendo il paese abitabile. Per aggiudicarsi l’amicizia di questo monarca, in epoca Tang, l’Impero cinese, anche per suggellare una nuova formidabile alleanza, mandò in sposa Weng Chen, una delle più belle principesse cinesi.
Oltre all’espansione territoriale e alleanza con l’Impero cinese, Songtsen assicurò una forte consolidazione monarchica preparandola per due secoli di regolare successione e grandezza imperiale. I principali sostenitori del re erano stati i dBa e i Myang ma anche se il potere monarchico era fortemente collegato all’appoggio della nobiltà, i cui rappresentati assorbivamo la funzione di ministri dello stato, riuscì a difendere la propria indipendenza dall’oligarchia nobiliare. Un elemento che contribuiva a mantenere il potere monarchico era la convinzione della natura sacra della famiglia reale. Tuttavia tra il secolo VII e IX, il periodo dei re di Yarlung, è caratterizzato da una forte attività bellica in cui i tibetani erano maestri. Inoltre, sarebbe stata questa stirpe di sovrani, tranne l’eretico Langdarma, che regnò dall’836 al 842, a patrocinare ferventemente il buddhismo, con la conseguente abolizione e persecuzione di riferimenti sui riti prebuddistici che comunque continuarono ad essere praticati, andandosi così a mescolare con il buddismo originario. Ogni reggimento aveva la sua bandiera distintiva e la bandiera di quello di Yarlung aveva come emblema due leoni posti uno di fronte all’altro, caratteristica ancor oggi della bandiera nazionale tibetana, mentre, dal punto di vista amministrativo, ogni distretto sottostava all’autorità militare locale, quindi il comandante era aiutato da ministri responsabili dei vari affari interni. La forte espansione tibetana li portò al contatto con grandi civiltà zoroastriane, manicheiane, buddiste, musulmane e cristiane nestoriane. Si scontrarono con tribù del Turkestan e arabo-persiane da cui appresero le prime notizie su Roma e Bisanzio. In seguito, il grande eroe epico dei tibetani, il re Ling, venne conosciuto con il titolo di Gesar di Khrom, Cesare di Roma.
Dalla morte di Srong-brtsan-sgam-po nel 650 all’assassinio di Gland-dar-ma nel 842 si succedettero otto re. Poco dopo la sua morte il Tibet conquistò il Turkestan cinese che ripassò all’Impero Cinese a fine VII secolo. I contatti con le culture non autoctone dell’Altopiano, permisero una commistione di influenze ancora oggi percepibili nell’architettura, nell’arte, nelle scienze e nella letteratura e nei modi di vivere (oltre ad alcuni elementi di folklore) ma ciò che cambiò radicalmente i tibetani fu il buddhismo introdotto all’epoca di Srong-brtsan-sgam-po (forse dalle sue mogli, quella cinese e quella nepalese) e il suo potente rafforzamento con Khri-srong-lde-brtsan (pronunciato Thisong Detsen, 742-797) nel secolo seguente (VIII secolo). Infatti tutte queste culture che vennero a contatto con il Tibet lo influenzarono spesso in modo superficiale ed impercettibile ad eccezione del buddismo. All’inizio, però, il buddhismo era considerato un passatempo aristocratico.
Se all’inizio, alla morte di un re, parenti ed amici più stretti lo avrebbero dovuto seguire nella tomba, in un periodo più tardivo sarebbero stati solamente inclusi in un appartamento nei pressi della tomba come custodi dove venivano considerati morti ma non venivano uccisi (in questo terreno continuavano a vivere in modo isolato ma non povero). I riti funebri, nonostante la fervente introduzione del buddhismo, avrebbero continuato ad essere presieduti (almeno per tutta la durata del periodo monarchico) da sacerdoti Bon (=invocatori) e sacerdoti gShen (= sacrificatori) e continuarono ad essere offerti cibo, bevande ed abiti che dovevano sostenere i defunti dopo il passaggio nell’aldilà nonostante questo vada al di fuori della credenza buddhista (fondata sul ciclo delle rinascite e sulla liberazione). I tibetani non credevano nell’esistenza di paradiso o inferno dopo la morte ma i defunti appartenevano semplicemente al regno dei morti: la tradizione prebuddistica in Tibet si sarebbe occupata solo delle questioni della vita e il suo scopo era scoprire (attraverso magie o calcoli astrologici) le cause delle sofferenze e delle sfortune umane (la cui cause principali sarebbero state gli dèi locali, demoni e spiriti) per poi trovare una cura adeguata. Creature benigne, invece, sarebbero stati i gSas e i dBal, di natura sconosciuta (probabilmente però erano divinità, le stesse da cui aveva origine il ceppo reale). Fra gli dèi-eroi (la stirpe reale) e i demoni nocivi vi erano una serie di divinità locali minori (della montagna, della terra…): in tutti i generi di costruzioni o lavori agricoli gli uomini sono destinati ad entrare in conflitto con queste divinità locali che si offendono se non vengono ricompensate dall’uso che fa l’uomo dei loro domini (ed ogni uso non appropriato da questi provoca in loro reazioni vendicative come malattie o morte). I sacerdoti che intervenivano nei riti presso le tombe o facevano offerte alle varie divinità e demoni erano i Bon e gli gShen. L’insieme delle pratiche di questa tradizione era conosciuta come “convenzioni sacre” (lha-chos) contrapposta alle “convenzioni umane” (mi-chos) o dei modelli del cielo e della terra.
Verso la fine del periodo monarchico (842 circa) le autorità buddhistiche cominciavano ad occupare posizioni di potere.