MEDICINA TIBETANA: LA DIETA GIORNALIERA DEI MONACI TIBETANI E I QUATTRO TANTRA

  • by Redazione
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  • 26 Mag 2017
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È da sempre molto affasciante la forte relazione tra la biochimica studiata dalla scienza occidentale e l’antica saggezza di quei popoli lontani che da secoli vino più o meno isolati dal resto del mondo, conservando così ancora le originarie credenze, spiritualità e figure per spiegare gli stessi fenomeni. Due modi di interpretare uno stesso mondo, che possono arricchirsi e impreziosirsi a vicenda. Ma quale è il nesso tra il Tantra e la dieta giornaliera? Una cattiva alimentazione può inficiare sul nostro stadio di salute? Secondo i monaci tibetani si ed oggi scopriremo il perché, andando in profondità dei fondamenti della medicina tibetana.

Se in occidente la teoria sulle combinazioni alimentari non data oltre il secolo e mezzo, essa è parte integrante della saggezza e ricerca dei monaci tibetani i quali, per sopravvivere sulle alte ed amene vette dello Xizang, hanno imparato come condurre la vita indirizzata al pieno potenziale di benessere spirituale, mentale e fisico.
La figura dello stile di vita lama tibetani, ma anche della normale popolazione del luogo, affascina molte persone, spesso influenzate da immagini più o meno folkloristiche come meditazione, levitazione, o estrema capacità di resistenza al freddo. Andando oltre i luoghi comuni, ai monaci tibetani riconosciamo grande dirittura morale, capacità di dominio su se stessi, saggezza, insegnamento, tradizione, armonia, carattere, pace.
Come riescono i lama a raggiungere questo stadio? Sicuramente attraverso intenso studio, pratica, esercizi e disciplina. Tutto ciò li ha condotti a sviluppare una conoscenza profonda del forte rapporto tra il corpo umano e la natura che lo circonda. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la medicina tibetana è una delle grandi scuole della Medicina Tradizionale Cinese, tanto di andare a scrivere manuali e sezioni riguardo la giusta alimentazione.

L’alimentazione dei monaci tibetani ruota attorno ai concetti di equilibrio e di armonia con la natura, che a sua volta serve a bilanciare un equilibrio interiore, al fine di evitare malattie o malanni. Ecco perché, oltre al consumo del cibo, vi è un forte interessano anche delle varie fasi di preparazione degli alimenti, a partire dalla coltivazione. Ciò aumenta la consapevolezza del cibo come strumento per il sostentamento ed il benessere, una percezione votata al rispetto del prodotto che invece si perde con l’abitudine di trovare gli alimenti pronti sugli scaffali del supermercato, consci anche del fatto che la coltivazione a queste altitudini è, storicamente, molto difficoltosa .
A tavola i monaci mangiano lentamente, dando importanza ad ogni momento del pasto, compresa la masticazione. La dieta che hanno sviluppato nel corso del tempo li porta a consumare cibi integrali, in una alimentazione di stampo vegetariano; in ogni caso, essi raccomandano di evitare la carne di maiale, poiché, secondo le credenze, poco nutriente e molto grassa.
Al contrario i grassi vengono sì consumanti e facenti parte della dieta giornaliera, ma sottoforma di cibi come il burro salato di yak. Le principali fonti di energia sono allora i carboidrati e le proteine, che però i monaci non assumono durante lo stesso pasto, perché preferiscono assumere una sola qualità di cibo alla volta.La Medicina Tradizionale Tibetana asserisce infatti che la digestione degli amidi interferisce con quella delle proteine, e ciò può portare ad uno spreco di energia e a una diminuzione della qualità della vita. Concentrarsi su un solo tipo di cibo per volta può sembrare banale e riduttivo, ma il benessere che deriva da questa situazione va oltre l’iniziale sensazione di rimpianto per la varietà “perduta”.
Per addolcire i cibi i monaci tibetani non ricorrono allo zucchero raffinato, e si orientano piuttosto sul miele o su altri dolcificanti naturali. In ogni caso, sconsigliano il consumo di dolci in chiusura dei pasti, perché difficilmente digeribili.
Infine, le uova meritano un cenno particolare: i saggi tibetani ne consumano in abbondanza, perché molto nutrienti, ma spesso si limitano solo al tuorlo. L’albume – sostengono – è utilizzato soprattutto dai muscoli, e per questo è riservato a quando si affrontano sforzi fisici.

Il Tantra conclusivo è forse la parte più “filosofica” dell’opera. Come i capitoli recedenti è un approfondimento ulteriore circa le tecniche diagnostiche e relative terapie da adottare. Secondo questa ultima sezione “non vi è malattia che non possa essere curata”.