Nel precedente post abbiamo parlato dell’importanza della meditazione e dei suoi molteplici benefici. Oggi cercheremo di andare più nello specifico parlando di “meditazione stabilizzante”, “meditazione analitica” e i cosiddetti “cinque tibetani”.
La meditazione stabilizzante sviluppa la capacità di concentrazione su un preciso punto, rappresentando un pre-requisito per ottenere qualunque realizzazione duratura nella pratica. Viene anche definita meditazione samatha e si basa sulla consapevolezza del respiro, attraverso l’osservazione prolungata (per almeno 15-30 minuti) delle fasi di inspirazione ed espirazione in uno dei punti in cui è più netta la sensazione del respiro che entra e circola nel corpo. Grazie alla meditazione samatha, è possibile focalizzare l’attenzione distogliendola dalle emozioni negative, come la rabbia, l’ansia, l’invidia e il rancore.
La meditazione analitica, invece, stimola il nostro pensiero creativo e intellettuale, determinante per il nostro sviluppo: il passo fondamentale per ottenere una reale coscienza intuitiva è capire concettualmente la realtà delle cose. Conosciuta nello Xizang anche come meditazione vipassana, nucleo principale di questa pratica è il ritenere che la consapevolezza di sé e del proprio corpo non deve limitarsi al momento della giornata dedicato alla pratica. In qualunque momento della giornata, colui che pratica questa forma di meditazione deve sforzarsi di essere consapevole di ciò che sta facendo, delle sensazioni che prova e della propria attività mentale. Questa chiarezza concettuale si trasforma poi in certezza e, unita alla meditazione stabilizzante, costituisce la porta della conoscenza diretta e intuitiva.
I cinque Tibeani
I cinque riti tibetani, conosciuti anche come i cinque tibetani, sono un insieme di esercizi che furono divulgati per la prima volta da Peter Kelder. Kelder racconta di essere venuto a conoscenza di questi cinque riti tramite un colonnello in pensione dell’esercito britannico, che sosteneva di aver scoperto un remoto monastero nella regione himalayana i cui monaci erano a conoscenza del segreto della fonte dell’eterna giovinezza. Questo segreto consisterebbe nella pratica giornaliera di soli cinque esercizi, o riti.
Meglio noti anche come “rituali dell’eterna giovinezza”, questi esercizi giornalieri aiutano a mantenere il corpo agile e flessibile, con un effetto benefico anche sulla mente. E’ tradizione ritenere che questi esercizi aiutano ad attivare l’energia vitale e vengono praticati solitamente al mattino proprio per iniziare la giornata con una carica maggiore, tant’è che spesso vengono abbinati al Surya Namaskar, meglio noto come “Saluto al Sole”. Gli adulti possono praticarli ad ogni età, salvo particolari impedimenti fisici.
La tradizione tibetana richiede di ripetere ogni rito per 21 volte ma si può cominciare con più calma, ad esempio con 3 o 4 ripetizioni per ogni rito, facendo molta attenzione ad assumere le posizioni richieste in modo corretto e a compiere movimenti fluidi. La pratica dei Cinque Tibetani non può promettere, ragionevolmente, effetti miracolosi di ringiovanimento, ma può aiutarvi ad incrementare il tempo dedicato all’attività fisica nella vita quotidiana con esercizi ed effetti benefici per il corpo e per la mente.