Balli tradizionali, ceramica nera e thangka: nulla si perde, tutto si trasforma. Perché i giovani tibetani della contea di Shangri-La, felici di imparare le antiche tradizioni, poi (si) esprimono. Con la loro sensibilità e il loro diverso orizzonte, pronti ad aprire e ad aprirsi al mondo.
La danza Guozhuang
A metà gennaio, in circa 160 si sono riuniti a Dukezong (Dorkhar) per un concorso di danza tradizionale. Compreso il Guozhuang, il danzare in circolo con il quale si esprime il rispetto per la Natura. “Ora, quando balliamo, si tratta più di tramandare la nostra memoria a ogni passo”, racconta il ventottenne Losang Tashi, guida turistica per quasi 7 anni. “Nei momenti di amarezza o tensione, il Guozhuang mi fa rilassare la mente. Proprio come altri si svagano con film o giochi online, molti giovani tibetani come me adorano ballare con la musica tradizionale”. Un metodo condiviso anche con i visitatori di tutto il mondo: “Quando ci guardano, posso portare felicità anche a loro. C’è gioia nel raccontare i messaggi di questa danza.”
“Si dice che Shangri-La sia anche del mondo, quindi siamo contenti di questo abbraccio tra più culture”. Infatti, sembra che il paradiso terrestre raffigurato nel libro ‘Lost Horizon’, sia proprio la contea di Zhongdian che, nel 2001, ha avuto perciò l’autorizzazione a ribattezzarsi. Oggi, nel Centro storico di Dukezong, si possono ancora vedere anziani (soprattutto donne) che ballano in cerchio intonando canzoni tradizionali. Al tramonto invece, dopo il lavoro o lo studio, sono i giovani a ballare – a volte, con un diverso ritmo o una musica più sincopata.
La ceramica nera
Nella cittadina di Nixi, invece, c’è il vecchio modo di dire “Il tè più delizioso è quello al burro fatto nella ceramica nera dalle nostre madri”. E questo perché Nixi ospita oltre 100 varietà di ceramiche nere con una storia di oltre 1000 anni. Una tradizione locale e familiare – come nel caso di Larong Shoba, il cui padre è uno dei primi eredi riconosciuti di lasciti culturali immateriali. “La ceramica nera mi stava chiamando”, racconta il giovane che, dopo la Laurea, è tornato nel suo villaggio.
Con l’aumento dei visitatori, la ceramica nera è diventata sempre più popolare: un vero simbolo dell’artigianato tibetano locale, che ha aiutato gli abitanti a uscire dalla povertà. Tant’è che, oggi, circa 120 famiglie del villaggio di Larong Shoba si dedicano a questa tradizione. “La nostra famiglia è in grado di produrre migliaia di pezzi, e l’anno scorso le vendite hanno superato i 600mila yuan” (circa 84.700 dollari USA). Un successo al quale Larong Shoba ha contribuito imparando il mestiere, portandolo avanti e aprendo a nuove creazioni.
La pittura dei thangka
Nel 2010, Gesang Dawa ha aperto la Thangka Institution dove, finora, ha insegnato gratuitamente a più di 200 studenti. “Pratica spirituale del popolo tibetano”, come li definisce Gesang Dawa, i thangka richiedono un’estrema concentrazione sia mentale, sia visiva: infatti, di solito ci vogliono da 7 a 10 anni per padroneggiarne la tecnica”. Perché parliamo di un lavoro che unisce artigianato, lo studio di diverse materie (dalla Storia buddhista alla Medicina tradizionale e alla Calligrafia) nonché sutra di preghiera e di ringraziamento.
Un percorso di una certa complessità e sacralità, che a volte significa riallineare le proprie abitudini come modo di esprimere il rispetto, e un magnifico incontro tra culture e generazioni. Come testimonia uno degli apprendisti, Dawa Cering, “molti stranieri, soprattutto giovani europei, vengono per sperimentare e rimangono qui per mesi”. “E, quando parlo con loro, non devo lasciare Shangri-La per conoscere altri Paesi: è l’Arte dei thangka ad avvicinarmici, al Buddha e al mondo”.
Patrimonio culturale della Cina dal 2006 e patrimonio UNESCO dell’Umanità dal 2009, i thangka sono sempre più apprezzati. Cosa che aumenta il loro valore ma che, soprattutto, diventa un futuro per i tanti giovani tibetani che stanno “prendendo il testimone” di questa mirabile staffetta culturale.