La religione in Tibet permea da secoli ogni aspetto della vita. Ecco quindi che il ricco simbolismo religioso appartenente non solo al lamaismo, ma anche all’autoctona religione Bon si sono evoluti a tal punto da rappresentare un vero unicum culturale che, in qualche modo, sono gli aspetti caratterizzati di quell’animo spirituale del Tetto del Mondo. Ecco quindi che non ci deve sorprendere il fatto che la cultura tibetana è ricca di simboli, ognuno dei quali ha uno specifico significato, sia nella loro funzione di augurio quanto in quella di presagio. Rimane da chiarire un punto, ovvero quello inerente ad una possibile interpretazione superstiziosa di tali simboli; come sarebbe possibile coniugare tale atteggiamento scaramantico o magico con gli insegnamenti buddhisti sul karma?
A questa domanda una prima risposta la diede Giuseppe Tucci, il grande studioso italiano i cui testi sono ancora un fondamento della tibetologia moderna. Come evidenziato dal Tucc, in effetti, nella tradizione buddhista affermatasi in Tibet si ha avuto il recupero di superstizioni preesistenti, sia di origine sciamanica che ereditati dall’antica religione Bön. Si è già ricordato in molteplici passaggi quanto questa inclinazione cozzi abbastanza nettamente con fondamentali concetti buddhisti quali la vacuità e l’impermanenza. Tuttavia, la consuetudine dell’utilizzo di tali simboli può avere una qualche compatibilità con il concetto del karma. Una considerazione analoga la si può fare in merito alla ritualità legata al Bardo Todol, noto nei paesi occidentali come Libro tibetano dei morti, che è un testo classico del Buddhismo tibetano.
SIMBOLISMO E KARMA: QUALE IL LEGAME?
Per karma si intendono gli atti medianti i quali, per la legge generale di causa ed effetto, un individuo predispone e genera il proprio destino futuro. Premesso che si tratta di un principio riguardante l’individuo, la coscienza ed il comportamento, senza l’intervento di alcuna entità superiore E questa legge non prevede nel suo processo alcuna eccezione né deroga. Secondo i tibetani la simbologia si concilia con il karma, senza contraddizione alcuna. Questo perché la conoscenza dello schema fondamentale della realtà, sulla quale ogni consuetudine si sedimenta, deve tenere conto del karma. Si tratta quindi di comprendere il karma, senza un approccio schematico o meccanicistico. Utilizzare simboli ed eseguire rituali non significa affatto rifugiarsi in un orizzonte irrazionale, di primitiva superstizione.
Centrale è l’idea di un atteggiamento di tipo “energetico” che ricade sulle forze e sulle condizioni presenti. Mediante tali auspici, nella loro semplicità, si ha occasione di mobilitare forze, spirituali e soprattutto psicologiche, atte a favorire un dato evento, attraverso una maggiore predisposizione individuale all’evento stesso di cui si desidera la realizzazione.
Date queste considerazioni iniziali, vale la pena di dedicarsi ad un particolare gruppo di simboli diffusi nella cultura tibetana, gli aṣṭamaṃgala, conosciuti in Occidente come gli Otto Simboli di Buon Auspicio. Gli aṣṭamaṃgala traggono la loro prima origine dal mondo culturale indiano, dove gruppi di oggetti simbolici venivano associati alla figura del sovrano e alla sua regalità. Nel Buddhismo sono associati a diverse qualità e principi, e sono di comune utilizzo – pur con alcune variazioni grafiche e con un numero sequenziale progressivo differente – nella regione del Tibet- Xizang, nel resto del mondo buddhista cinese, in Nepal ed in Mongolia.
È frequente notare come questi elementi ornino tanto gli edifici religiosi quanto le abitazioni private, decorino i mobili, gli oggetti artigianali ed anche il vestiario. Alcuni scorgono, suggestivamente, anche negli orizzonti formati dalle catene montuose himalayane questi simboli.
Gli Otto Simboli di Buon Auspicio, chiamati anche Otto Preziosi Simboli, costituiscono uno dei più antichi e conosciuti gruppi di simboli della cultura tibetana. Sono presenti già a partire dai testi canonici del Buddhismo indiano, cioè nei testi redatti in lingua pali e in sanscrito. Si tratta di oggetti, animali o piante che servivano da oggetti rituali o che comunque venivano identificati come segni di prestigio. Da sempre utilizzati nelle cerimonie tradizionali e nelle occasioni speciali, hanno assunto nel corso dei secoli un’importanza sempre maggiore. Gli otto simboli di buon augurio si trovano spesso riprodotti sulle kate (la sciarpa tibetana di buon auspicio e benedizione), vessilli, arazzi, tangka, bandiere, braccialetti, collane e incisi sugli oggetti più disparati. Possono inoltre decorare muri e travi, il lati dei troni e molti altri oggetti sia di uso religioso che profano. Vengono talvolta tracciati sul terreno con polvere bianca quando è previsto il passaggio di qualche importante personalità religiosa o civile