Dalla provincia cinese del Gansu fino al Tibet, per passare a Qinghai e altre aree della Cina, il chandraki, il tradizionale gioco degli scacchi tibetani, sta rivivendo una nuova giovinezza non solo tra i tibetani, ma anche tra i giovani di altre etnie tanto che i club di scacchi tradizionali sono disseminati un pò ovunque e si sfidano tra loro a suon di tornei.
Settimane fa ad esempio, nella provincia di Qinghai 60 giocatori provenienti non solo dallo Xizang si sono sfidati a colpi di mosse e contromosse in cinque categorie, dando anche un grande stimolo alla promozione della cultura tradizionale al di fuori dei confini tibetani. La terza edizione della mostra/torneo di scacchi etnici tradizionali tibetani si è tenuta nella Provincia del Qinghai della Cina nordoccidentale da giovedì a domenica scorsi; si è trattato di un evento volto a rivitalizzare la cultura tradizionale tibetana, secondo l’unanime giudizio degli esperti cinesi coinvolti.
UN GIOCO ANTICO MILLENNI
Gli scacchi tibetani hanno una storia che risale a 2.000 o 3.000 anni fa, tanto che una delle loro categorie è stata considerata come patrimonio culturale immateriale della provincia di Qinghai nel 2006, come ha sostenuto al Global Times Yongdrol Tsongkha, Professore di etnologia e tibetologia all’Università di Lanzhou e anche arbitro di tornei di scacchi. L’antico gioco è simile al “Weiqi”, noto anche come “Go”, in quanto utilizza anche una scacchiera di forma quadrata con pedine tonde colorate in bianco e nero. Il gioco era praticato dalle persone della classe media e alta, ma in seguito è stato reso popolare tra il grande pubblico.
Gli scacchi tibetani non solo hanno conquistato il favore di vari gruppi etnici tra cui Hui, Tu, Mongoli e Han che vivono sull’altopiano del Qinghai-Tibet, ma si sono anche diffusi nei paesi limitrofi come Nepal, Pakistan e Myanmar.
Secondo la ricerca storica, gli scacchi tibetani hanno più di 80 categorie, ma solo 20 di queste sopravvivono oggi. Gli scacchi tibetani stanno sicuramente affrontando una “crisi di smarrimento” anche a causa dell’impatto di nuove ed alternative attività di intrattenimento che hanno la tecnologia al primo posto, ragion per cui questi devono essere salvati e protetti.
Secondo Yongdrol Tsongkha, nel 2003 solo poche persone giocavano a scacchi tibetani, ma gradualmente il gioco è diventato sempre più popolare, anche in seguito ad alcune competizioni. Di lì è stato un crescendo, tanto che nel 2018 il gioco degli scacchi è stato iscritto nella lista dei patrimoni culturali immateriali del Tibet nel 2018. Il rilancio degli scacchi passa anche attraverso le scuole.
ORA GLI SCACCHI ENTRANO NELLE SCUOLE
Alcuni istituti hanno introdotto nel tempo alcune attività extracurricolari che hanno visto proprio negli scacchi un modo per promuovere la cultura tradizionale attraverso i più giovani. Dopo un primo scetticismo, questi corsi hanno raccolto anno dopo anno un sempre più maggiore numero di iscritti.
Come ha suggerito Luo Wenhua, direttore dell’Istituto di reliquie culturali buddiste tibetane del Museo del Potala, “la cultura tradizionale può essere insegnata come attività per il tempo libero nelle scuole e in alcuni laboratori in alcune comunità, il che può creare un’atmosfera benefica per preservare la cultura”. Luo ha sottolineato l’importanza di promuovere la cultura. “Dobbiamo insegnare alle persone, in particolare ai giovani, le origini della cultura in via di estinzione affinché si rendano conto della grandezza di questa eredità creativa”. Yongdrol Tsongkha ha questa constatazione ha aggiunto anche come lo svolgimento di competizioni sia un modo molto efficace per accendere l’interesse delle persone per gli scacchi tibetani.
A Qinghai nel 2016 è stata fondata la prima associazione cinese di scacchi etnici tibetani a livello provinciale e negli ultimi anni è stato pubblicato anche un numero crescente di articoli di ricerca accademica sugli scacchi tibetani, a vantaggio della promozione di questo antico, ma attuale, passatempo