L’arrivo a Lhasa in aereo è spettacolare. Prima di atterrare questo vola sopra l’Everest, che i tibetani chiamano Qomolangma, ossia la “Madre dell’Universo”, e dinanzi a quella vista mozzafiato è impossibile non emozionarsi e non catturare con una fotografia quella imponente massa di roccia, ghiaccio e neve che da millenni è la cima più alta al mondo. Una esperienza memorabile che rimane sicuramente impressa nella mente di chiunque abbia toccato il suolo del Tetto del Mondo.
Ad accompagnarci nel camminare tra le strade ed i tortuosi vicoli di Lhasa ci sono le ci sono le parole della grande studiosa Alexandra David-Neel, la prima donna europea che è riuscita a entrare nella città proibita, travestito da mendicante, nel lontano 1924: “Io ho per il giorno più bello mai vissuto in quel, con il mio misero fagotto sulle spalle, vagava per monti e valli nella splendida terra di neve “. Ci sono volte dove una semplice frase, descrive con assoluta efficacia ala bellezza e semplicità di questo meraviglioso, ma fragile, mondo in cui viviamo.
Lhasa con i suoi 3.595 metri è una delle città più alte al mondo. Il sole picchia forte a queste altitudini, per non parlare del mal di montagna che normalmente colpisce i forestieri. Simbolo di questa città è l’enorme ed austero Palazzo del Potala. Gli edifici bianchi e rossi che compongono uno dei complessi palaziali più grandi al mondo, sembrano ergersi come un continuo dalla nuda roccia su cui questi sono s tati costruiti. Le centinaia di piccole finestre sembrano controllare con severità l’intera città mentre i suoi tetti scintillanti dorati riflettono la potenza religiosa di questo castello-fortezza ed illuminano le giornate qui a Lhasa. La migliore delle fotografie non potrebbe mai descrivere l’imponenza di questa fortezza, questo un dato di fatto. Per ammirare realmente il Potala bisogna toccarlo con mano, viverlo ed osservarlo di persona.
Interessante la sua storia. L’attuale edificio fu eretto circa 350 anni fa dal V° Dalai Lama sulla stessa montagna dove il primo re Songtsen Gampo costruì il suo palazzo. In molte non è possibile fare fotografie proprio in segno di rispetto della sua centralità religiosa, ma bastano i sensi per imprimere nelle nostre menti una visita incredibile. Una volta entrati si rimane storditi dall’intenso profumo di burro di yak, con cui i fedeli adornano le lampade tradizionali offerte ai buddha, ed una serie interminabile di corridoi, gradini, cappelle e sale lasciano il visitatore senza fiato. Uno dei luoghi più sacri ed incredibili p forse la tomba del V° Dalaai Lama che ancora riposa all’interno del Potala. Questa è uno stupa di 3.700 chili interamente d’oro! E non è inusuale vedere fedeli o monaci intenti a pregare ed elargire doni su questo sepolcro.
ECCO IL JOKHANG, LA “MECCA” DEL BUDDISMO TIBETANO
Il Tempio di Jokhang rappresenta secondo molti il cuore della spiritualità tibetana. Si tratta del Tempio più sacro del Tibet centrale ed è la principale meta dei pellegrini buddhisti. Proprio come Lhasa rappresenta il centro del mandala del Tibet, Jokhang rappresenta il centro del mandala di Lhasa. Fu costruito probabilmente nel 642 dC dal Re Songtsen Gampo, le cui regine – una nepali ed una cinese – portarono importanti reliquie buddhiste dai loro rispettivi paesi sotto forma di dote.
Il sito del Tempio di Jokhang venne scelto dalla regina cinese Wencheng Kongjo sulla base di testi di geomanzia che si portò dalla Cina. Originariamente il Tempio veniva chiamato Rasa Tulnang Tsuklakang, la Casa dei Misteri, l’Emanazione Magica a Rasa.
Rasa (il Luogo delle Capre, perché queste pascolavano nel sito durante la costruzione) divenne ben presto Lhasa, la Sede degli Dei. Durante il periodo di soppressione del Buddhismo da parte del Re Langdarma – che regnò dall’838 all’841 -, il tempio di Jokhang venne chiuso. Nell’undicesimo secolo Atisha andò lì ad insegnare e fin da quel momento restò il tempio più importante di Lhasa, che pur appartenendo alla scuola Gelug è sempre stato aperto ai membri di tutte le scuole (escludendo la chiusura ai buddhisti nepalesi decisa dall’Imperatore Qianlong della dinastia Qing dopo la guerra del 1792).
L’architettura del Tempio rispecchia il classico stile buddhista tibetano, con delle influenza provenienti dalla Cina, dall’arte indiana e dalla tradizione Newar. Il maggior santuario dentro al Tempio è al piano terra in cui c’è la centrale Sala del Buddha, davanti alla quale si trova un cortile pavimentato. Nella Sala principale è presente la famosa statua di Jowo Sakyamuni che rappresenta il Buddha all’età di 12 anni. E’ alta un metro e mezzo e costituisce la più venerata statua del Buddha nel Buddhismo Tibetano. Varie cappelle circondano questa statua, la più importante dedicata al Buddha della Compassione Avalokiteshvara. Adiacenti alla Sala Centrale ci sono le Sale per Amithaba (il Buddha della Terra Pura) e Maitreya (il Buddha del Futuro).
Nel primo piano ci sono diversi murali, delle residenze per i monaci ed una stanza privata per il Dalai Lama. La Cappella del Principe del Dharma si trova al terzo piano, le cui sculture includono quella di Songtsen Gampo e delle Principesse Wencheng e Bhrikuti. Un tetto in piastrelle dorate sovrasta il Tempio.
Il complesso possiede più di tremila immagini di divinità, oltre a manoscritti e altri oggetti sacri. Secondo una lista compilata dal grande maestro tibetano Jamyang Khyentse Wangpo – all’interno di una sua guida ai luoghi di potere del Tibet Centrale – tra i tesori del Jokhang il Tempio possiede quattro principali oggetti sacri: oltre la statua di Jowo viene citata Tuejechempo (Mahakrunika), il Bodhisattva della Grande Compassione; Jampa (Maitreya) il Buddha del Futuro; e Drolma (Tara), la Dea della Devozione. Queste sono soprannominate “Le Quattro Divinità che Emanano Luce”.