A ottobre di quest’anno, più del 99% dell’elettricità prodotta sull’Altopiano tibetano proveniva dal Sole, il vento, l’acqua e il calore della terra. Una potenza green che, dal 2015, ha fornito all’intera Regione e persino a 16 province confinanti più di 15,4 miliardi di kilowatt/ora, riducendo le emissioni di 13,2 milioni di tonnellate e il consumo di carbone di 4,7 milioni di tonnellate. Soltanto nel 2023, fornendo elettricità pulita a ben 3,5 milioni di persone in 74 Contee e città tibetane.
Un lavoro che sta andando avanti. Tant’è che a novembre, nella contea di Nagqu (o Nagchu) del nord Tibet, un impianto indipendente di accumulo di energia è stato collegato alla rete pubblica e ha cominciato a trasmettere. Parliamo dell’installazione più alta al mondo, a 4.600 metri sul mare. Ma anche di una delle più potenti, che – con una capacità di 100-400 megawatt/ora – dovrebbe fornire circa 180 milioni kilowatt/ora ogni anno. Permettendo, così, di risparmiare più di 1,86 milioni di tonnellate di carbone standard e di ridurre di 468mila tonnellate le emissioni di CO2.
Nagqu è ormai famosa per le sue abbondanti fonti di energia pulita e – negli ultimi anni – per la sua notevole produzione di fotovoltaico, eolico e idroelettrico. Pertanto, in un contesto così fatto e vista la crescente richiesta di sostenibilità ambientale, una stazione di accumulo indipendente come questa vale come una ‘Power Bank’, in grado di supplire agli eventuali guasti o interruzioni nelle vicinanze.
L’unico aspetto ancora da migliorare in tutta la Regione, e sul quale si concentrano gli sforzi più recenti, è la disparità tra le zone urbane e le zone rurali. Laddove, in queste ultime, si pongono problemi di “usi e costumi” (come l’impiego dei combustibili solidi, incluso il legno degli alberi, per il riscaldamento e la cucina) e di accessibilità. Geografica, infrastrutturale ma anche economica, da risolvere con politiche a favore sia dei redditi locali, sia dei prezzi dell’energia verde. A cominciare dal Qinghai dove, nel 2023, un terzo delle famiglie rurali si trovava in una situazione di povertà energetica (rispetto, per esempio, alla media italiana dell’8,5%).