Sulla preparazione militare del Tibet si potrebbe probabilmente dire di più, e per quanto riguarda l’uso dell’ocra rossa come pittura facciale, un testo del Khotam si riferisce regolarmente ai tibetani, che invasero questo paese nel 665 d.C., distruggendo templi e santuari, come ai Visi Rossi.
Oltre alla descrizione generale del Tibet gli Annali Tang forniscono un minuzioso resoconto delle relazioni tra la Cina e il Tibet dal settimo al nono secolo, fornendo molte testimonianze sugli usi dei tibetani durante il periodo in cui i due paesi si conobbero reciprocamente piuttosto a fondo.
Sia Songtsen Gampo che i suoi successori sposarono principesse cinesi e altri matrimoni sono certamente avvenuti tra nobili tibetani e spose cinesi. L’offerta di principesse cinesi ai capi barbari confinanti era un’espediente della diplomazia cinese finalizzata all’estensione della loro egemonia politico-culturale in tutta l’area dell’Asia centro e sud-orientale. Prima delle ricche scoperte di materiale archeologico nei primi tempi di Dunhuang recentemente avvenute, gli studiosi di storia tibetana dovevano basarsi su storie tibetane più recenti, pesantemente influenzate dal pietismo buddhistico, e mancavano solitamente di una stima critica dei primi documenti.
Anche i tibetani rimasero ampiamente ignari delle registrazioni cinesi di quell’epoca sul loro paese, per cui esse posseggono un valore inestimabile, non solo per la loro generale attendibilità storica, ma anche per le accurate descrizioni che spesso offrono di particolari eventi. Confermano la tradizione tibetana a proposito delle principesse cinesi date in moglie ai sovrani tibetani, e forniscono una storia continua di guerre, ambasciate e trattati tra i due paesi durante il periodo monarchico del Tibet. La luce che proiettano sugli usi tibetani dei tempi arcaici è preziosissima. Alcuni nobili tibetani sono descritti come persone distinte, dal comportamento gradevole, che già conoscevano parzialmente il cinese; ma in generale il tono è di preoccupazione e disapprovazione degli usi barbari. La loro abilità militare è giustamente e sinceramente ammirata; la grandezza dei loro eserciti è frequentemente annotata, e probabilmente esagerata; i loro assidui e abili metodi per ottenere i loro scopi sono messi in rilievo, e si può sicuramente supporre che in quest’epoca antica vi fossero alcuni, anche se pochi, studiosi tibetani del cinese letterario nella corte tibetana.
Questo è degno di nota, perché dalla fine del periodo monarchico (842 d.C. circa) in avanti, gli studi sul cinese non furono più promossi in Tibet, e i tibetani rimasero per diversi secoli all’oscuro della letteratura e della filosofia cinesi, così come delle registrazioni storiche. L’influenza culturale cinese in Tibet era presenta già da allora, come testimoniano i ritrovamenti nel sito di diversi manufatti ed opere di artigianato. Già nel 640 i cinesi inviavano in Tibet inchiostro e carta, così come sete e gioielli. Probabilmente anche il tè venne introdottoin Tibet in questo periodo, pur rimanendo per un certo tempo una bevanda aristocratica.
Un documento dell’ottavo secolo sembra riferirsi a qualche tipo di utensile per fare il tè. Sappiamo dalle loro registrazioni che i tibetani producevano già la birra dal riso e dal frumento e certamente conoscevano il vino prodotto dall’uva. È verosimile che la moglie cinese di Songtsen Gampo, alla quale è attribuito uno zelo fervente per il Buddhismo, abbia avuto una parte non trascurabile nell’introduzione alla corte di maniere più raffinate.
Si riporta sempre negli Annali di Tang che ella non apprezzasse per nulla il modo in cui i tibetani si dipingevano i visi di rosso, e che Songtsen Gampo avesse proibito formalmente questo uso alla sua richiesta. Egli stesso depose i suoi abiti di feltro e stoffa grezza rossiccia per adottare i costumi cinesi, e procurò che i figli delle grandi famiglie ricevessero un’educazione cinese.
Ancora, negli Annali di Tang si può incontrare la descrizione fatta da un ambasciatore cinese sulla sua ricezione alla corte tibetana nell’821: «La vallata a nord del fiume Tsang-po’ è il quartier generale estivo del re. È circondato da pali fissati assieme; a intervalli di cento passi vi sono cento lance disposte con un grande vessillo in mezzo. Cento passi più in là ci sono tre portoni, presso i quali soldati con armature montano la guardia. Sacerdoti con copricapi piumati e cinture di pelle di tigre battono i tamburi. Chiunque voglia entrare viene perquisito prima di accordargliene l’autorizzazione. Al centro c’è un alto palco circondato da una balaustrata preziosa. Il re siede nella sua tenda, che è decorata da ornamenti d’oro a forma di draghi, tigri e leopardi. Indossa un abito bianco e un turbante dai colori delle nubi mattutine, legato attorno alla testa.
È cinto da una spada intarsiata d’oro. Il Grande Ministro del Culto sta alla sua destra, e i ministri di stato sono in fila ai piedi del palco.