COME SI ARTICOLA LA LINGUA TIBETANA?

  • by michele
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  • 20 Apr 2017
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Un corso di lingua inizia necessariamente dall’alfabeto. Molti sono gli appassionati, in Cina e nel mondo, che si approcciano per mero amore della cultura allo studio della lingua tibetana. Ma che lingua è quella tibetana? Come si articola? Partiamo quindi dal principio, ovvero dall’alfabeto e dalle sue origini.

Le origini della lingua tibetana scritta risalgono al periodo della prima introduzione del buddismo in Tibet. Secondo la tradizione, nella prima metà del settimo secolo dopo Cristo, il re Songtsen Gampo inviò nel Kashmir il suo primo ministro, Thönmi Sambhata, per studiare il sanscrito e la letteratura buddista. Quest’ultimo, al suo ritorno in Tibet, inventò un nuovo alfabeto e compose la prima grammatica in lingua tibetana. L’alfabeto tibetano è composto da trenta caratteri, derivati dalle cinquanta lettere degli alfabeti indiani di quell’epoca, ed è caratterizzato da un’elegante accentuazione delle linee curve. Trenta sono quindi le  consonanti mentre per quanto riguarda le vocali, il sono vocalico “a” rimane incluso nelle consonanti stesse, invece i rimanenti quattro suoni vocalici (i, u, e, o) vengono scritte separatamente, sopra o sotto la lettera, ognuna con un segno diverso corrispondente ad un suono vocalico differente.

La scrittura tibetana, in linea con quella indiana, è un tipo di scrittura sillabica contraddistinta da segni specifici per i diversi timbri vocalici e procede, fatta eccezione per alcune sillabe o complessi consonantici, orizzontalmente da sinistra a
destra. Nei libri tibetani, le pagine iniziali e di chiusura riportano spesso illustrazioni miniate. I fogli che costituiscono un volume sono scritti sulle due facciate, impilati senza rilegatura, avvolti in un drappo di seta o di cotone e posti tra due pesanti blocchi di legno finemente intagliato a loro volta tenuti assieme da un nastro
di stoffa pregiata.

Esiste tuttavia un grande problema per gli studenti di lingua tibetana. Vi è infatti una profonda differenza tra lingua scritta, rimasta immutata per secoli, e la lingua parlata che, naturalmente, ha subito molte evoluzioni. Non è quindi inusuale imbattersi in alcune traslitterazioni di lettere che sono sì scritte, ma non pronunciate. Questo è un fenomeno che accade anche in altre lingue come ad esempio l’inglese. Ad esempio il verbo “to know“, la “k” è muta, non pronunciata.

L’alfabeto tibetano è utilizzato anche per scrivere lo dzongkha (རྫོང་ཁ་ rdzong-kha, letteralmente “lingua della fortezza”) che è la lingua ufficiale del Regno del Bhutan, nonché è possibile trovarlo anche in Nepal. Altra cosa importante è imparare la traslitterazione in caratteri latini, non concentrandosi soltanto sulla semplice pronuncia. In particolare se ci si vuole dedicare al tibetano classico si troveranno infatti moltissimi testi soltanto traslitterati (anche grammatiche). In questo blog si utilizza il sistema di traslitterazione Wylie, definito da Turrell Wylie nel 1959 nel suo articolo A Standard System of Tibetan Transcription, in “Harvard Journal of Asiatic Studies”, Volume 22 (Dec., 1959), pp. 261-267.