Che rapporto intercorre tra uno dei più importanti imperatori della storia imperiale cinese ed i Lama del Tibet? Assai stretto. In particolare ci riferiamo al rapporto tra Yongle, terzo imperatore della dinastia Ming, con il quinto Karmapa (Deshin Shekpa). E’ dal loro incontro che nacque la Corona Nera, il famoso simbolo del Karmapa e di tutto il lignaggio Karma Kagyu. Questa testimonianza storica è assai spesso ignorata, ma rimarca con forza quella naturale relazione che storicamente si è instaurata tra gli Imperatori Cinesi e gli alti Lama del Tibet. Ma andiamo con ordine e partiamo dal principio.
YONGLE, UNA LOTTA PER IL TRONO
Yongle è considerato il più importante imperatore della dinastia Ming, nonché uno dei sovrani che più hanno lasciato il segno nell’arco della millenaria storia dell’impero cinese. Il suo regno però nacque con una guerra civile contro l’imperatore Jianwen (suo nipote). Così andò la storia: Yongle era il quarto figlio del primo Imperatore della dinastia Ming, Hongwu.
Nonostante il distinto valore sul piano militare, l’erede al trono dell’imperatore Hongwu restava il suo primo figlio, Zhu Biao, che però morì prima del padre, rendendo come erede legittimo il figlio di Zhu Biao, Jianwen. In breve, salì al trono il nipote di Yongle, come secondo imperatore Ming. Inizialmente la sua incoronazione venne riconosciuta da Yongle ma Jianwen iniziò a perseguire, uccidere o arrestare i suoi zii; e con questa scusa Yongle iniziò una campagna contro Jianwen che lo portò alla vittoria e all’ottenimento del trono. Di Jianwen non si avranno più notizie: forse morì nell’incendio del palazzo reale mentre Yongle entrò nella città di Nanchino.
In seguito alla guerra civile però nell’impero c’erano diversi disordini civili che vennero soppressi soprattutto con la forza; i ribelli ed i sostenitori del precedente imperatore vennero brutalmente uccisi, assieme a tutti i loro parenti senza risparmiare donne e bambini. Particolarmente famosa fu l’uccisione del precettore di Jianwen, il burocrate confuciano Fang Xiaoru. Rifiutandosi di riconoscere il nuovo imperatore, fu minacciato di essere giustiziato assieme ai suoi parenti per nove gradi di parentela, al che lui rispose “Perché non dieci?”. Così, Fang Xiaoru fu l’unico caso di massacro di una intera famiglia per dieci generazioni, includendo nell’ultima generazione anche tutti gli studenti di Fang Xiaoru che si erano riusciti a trovare. In totale, vennero giustiziate 873 persone.
UN IMPERATORE AMANTE DELLE ARTI E PATRONO DEL BUDDISMO
Per pacificare l’impero Yongle cercò molti eruditi per assumerli tra il suo personale, e fece anche un uso attento della religione. Nonostante la rinomata crudeltà con cui mise a tacere i suoi avversari, Yongle egli era anche un ardente devoto buddhista.
L’imperatore si fece un protettore attivo del Buddhismo, che però considerava essere ormai degenerato in Cina e quindi rivolse il suo sguardo al Tibet ed in particolare alla scuola Karma Kagyu di cui il capo era il quinto Karmapa, Deshin Shekpa. L’imperatore Yongle cercò così si ricreare lo stesso tipo di rapporto che il precedente capo mongolo Kubilai Khan ebbe con la scuola Sakya del Buddhismo Tibetano (ed in particolare con il suo precettore Drogön Chögyal Phagpa). Fu così che venne invitato il quinto Karmapa, considerato allora con ogni probabilità il Lama dai maggiori poteri spirituali del Tibet. Si dice che l’invito avvenne dopo che l’imperatore ebbe una visione di Avalokitesvara, nel 1403.
Chi era quindi il quinto Karmapa, Deshin Shekpa? Quella dei Karmapa è la prima linea dei Lama reincarnati (quella che viene definita dai cinesi dei “Buddha Viventi”), e Deshin Shekpa fu la quinta incarnazione riconosciuta dopo Dusum Khyenpa. La sua base operativa fu il monastero di Tsurphu vicino a Lhasa.
Le agiografie dei Karmapa sono piene di tratti leggendari e miracolistici, come narra ad esempio la raccolta biografica di Nik Douglas e Meryl White “Karmapa: The Black Hat Lama of Tibet”. L’aura di leggenda che circonda questa figura spiega perché l’imperatore Yongle invitò proprio il Karmapa e non gli altri maestri. Tanto per fare un esempio di queste leggende, si racconta nelle biografie tradizionali che persino prima della sua nascita, quando era nel grembo di sua madre, il piccolo Deshin Shekpa recitava il mantra di Avalokitesvara (Om Mani Peme Hung), che quando nacque ci furono arcobaleni e piogge di fiori dal Cielo, e che disse immediatamente “Prendo Rifugio nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha. Io sono il Karmapa! Om Mani Peme Hum, Hri!”. Il riconoscimento ufficiale del Karmapa venne fatto dallo Shamarpa, discepolo della sua precedente incarnazione, che lo istallò nel monastero di Tsurphu e seguì il suo percorso di studio religioso fino a che non morì.
IL KARMAPA: “BISOGNA RISPETTARE LE DIVERSE FEDI RELIGIOSE”
Il Karmapa aveva 22 anni quando arrivò l’invito da parte dell’imperatore cinese Yongle. La lettera era scritta in lettere d’oro e richiedeva la sua presenza in Cina per beneficiare tutta la popolazione cinese. Accompagnato da Tai Situ Rinpoche e molti altri Lama iniziò il suo lungo viaggio, passando per il monastero di Karma Gon nel Tibet orientale. Arrivarono a Nanchino nel 1407, dove furono calorosamente ricevuti ed il Karmapa fu messo a cavallo di un elefante. Diecimila monaci buddhisti cinesi andarono a porre il proprio omaggio a questa delegazione. Alle mura della città l’Imperatore stesso accolse il Karmapa, che gli diede una ruota del Dharma dorata in omaggio e ricevette in cambio una conchiglia rituale.
Il Karmapa passò diversi mesi assieme all’imperatore e alla sua corte; lui gli dava insegnamenti e iniziazioni (come quella di Hevajra, di Avalokitesvara rosso, dei cento Arhat etc) e secondo la leggenda faceva ogni giorno un miracolo, cosa che impressionò l’imperatore talmente tanto che egli gli attribuì al Karmapa il titolo “Prezioso Re Religioso, Grande Amante dell’Occidente, Buddha della Pace”, oltre a regalargli settecento misure d’argento e altri oggetti di valore.
E’ in questo contesto che l’imperatore fece costruire la famosa Corona Nera, che divenne poi il simbolo dell’attività dei Karmapa e di tutta la scuola Karma Kagyu fino ad oggi. L’imperatore Yongle, volendo imitare Kublai Khan, si offrì di unificare militarmente il Tibet con il Karmapa come sovrano e sottomettere tutte le altre sette tibetane a lui, ma il Karmapa si rifiutò, mostrando disinteresse per la politica.
Il Karmapa ebbe un ruolo fondamentale nel convincere l’Imperatore che le diverse tradizioni religiose andassero rispettate in quanto servono a portare beneficio a persone diverse; secondo Deshin Shekpa non bisogna, pertanto, sopprimere con la forza le scuole che si ritengono essere inferiori. Oltre a dare insegnamenti all’imperatore e alla sua corte, il Karmapa viaggiò in lungo ed in largo per la Cina per incontrare la popolazione e convertire molte persone al Buddhismo Kagyu. Ripartì da Nanchino poi nel 1408, passando di nuovo per il monastero di Karma Guen. Ciò che l’imperatore Yongle non fece per volere del Karmapa, venne poi realizzato da Gushri Khan due secoli dopo, portando al regno dei Dalai Lama nel Tibet centrale sotto al protettorato mongolo.