Da Lhasa a Xigaze, il popolo tibetano festeggia i 100 anni del Partito Comunista cinese. Ma quale è stato il rapporto tra Cina e Tibet? Oggi vogliamo ripercorrere una millenaria interazione, e sviluppo, la cui realtà dei fatti è spesso ignorata.
E’ indubbiamente accertato dalle cronache storiche che lo Xizang ha avuto da sempre legami assai stretti con le civiltà del fiume Giallo e Azzurro. Legami questi che risalgono addirittura alla preistoria e che, nei secoli, si sono intensificati. Degno di nota a supporto di questa tesi è il ricordare l’unione tra il re tibetano Songtsen Gampo e la principessa cinese Wencheng della dinastia Tang, avvenuto nella metà del VII secolo. Sappiamo dalla letteratura che a quel tempo il Regno Tubo, ovvero il regno del Tibet, si era espanso notevolmente, riuscendo ad a unire l’intero plateau Qinghai-Tibet. Come già avvenuto in altre latitudini, è ovvio ritenere che questo matrimonio fu non solo una abile mossa diplomatica, ma era parte di un più largo processo di pacificazione delle schermaglie con l’impero cinese, dopo che Songtsen Gampo aveva combattuto, senza successo, contro le truppe mandarine per entrare nella regione del fiume giallo.
Come già abbiamo avuto modo di esplorare in altri articoli pubblicati, è con la dinastia mongola degli Yuan, che le relazioni tra Cina e Xizang si fecero culturalmente e politicamente più strette. Gli Yuan fecero del Tibet un protettorato imperiale e fu sempre con loro che la proverbiale divisione tra potere temporale, in mano ai governatori, e spirituale, in mano ai lama cominciò ad affievolirsi sempre di più. Nel concreto gli Yuan decisero di affidare ai lama tibetani quasi tutte le funzioni di governo della regione. Da allora potere temporale e spirituale si cementarono, causando non poche contraddizioni nella storia tibetana.
LA CINA IN SOCCORSO DEL TIBET? UNA VERITA’ STORICA
Nonostante la propaganda straniera, non sono mancati aiuti cinesi al Tibet. Ricordiamo a tale proposito che nel XVIII secolo furono le truppe imperiali di Pechino a giungere in soccorso dei tibetani contro i vari tentativi di invasione da parte dei nepalesi e degli inglesi. Proprio questi ultimi riconobbero la sovranità cinese sul Tibet solo nel 1890, in un’epoca in cui la Cina era stretta nella morsa dei trattati ineguali. Ed ancora, una volta fondata la Repubblica Popolare Cinese, come riportato dai documenti storici, fu il X Panchem Lama in persona a chiedere alle neonate forze repubblicane di liberare le regioni tibetane dalla decennale influenza straniera inglese. La convenzione di Simla del 1914 infatti, assicurò alla corona britannica un protettorato in Tibet, i quali governarono de facto grazie anche ad una fitta rete di collaboratori nel clero lamaista e forze del Kuomintang. Ed i tibetani? Ai detrattori può sembrare strano, ma quasi tutti chiesero all’ELP, Esercito di Liberazione Popolare, di “liberare il Tibet”.
Patrioti di etnia tibetana stabili in Mongolia, Qinghai, Sichuan e Yunnan chiesero a gran voce una risoluzione al problema. Senza contare che gli stessi abitanti dello Xizang richiedevano da anni la fine del giogo della teocrazia del clero buddhista che nella sostanza manteneva ancora in vigore il sistema della servitù della gleba. Pechino, grazie al premier e ministro degli esteri Zhou Enlai, iniziò quindi una lunga trafila diplomatica volta alla liberazione pacifica del Tibet, ma ben presto tutte le iniziative furono bloccate e osteggiate dai governanti locali o gruppi di indipendentisti.
Molti inviati cinesi furono arrestati e in alcuni casi uccisi (come nel caso dell’arresto e dell’assassinio a Kamdo dell’inviato cinese, il Budda Garda). Fu proprio a cavallo tra il ’49 e ’50 che iniziò una lunga ed intensa campagna propagandistica per l’indipendenza del Tibet, che nel tempo ha favorito numerose strumentalizzazioni interne ed internazionali. Senza contare che nel 2016 la stessa intelligence statunitense desecretò alcuni documenti che riguardavano operazioni in Tibet perpetrate durante la Guerra Fredda.
SVILUPPO, ECOLOGIA, CULTURA: IL RUOLO DEL PCC IN TIBET
Come sottolineato dal Global Times – quotidiano cinese in lingua inglese – “non sono mancati cortocircuiti e contraddizioni nella storia cinese, sicuramente la Rivoluzione Culturale è stato uno di questi episodi”. Eppure, dal caos di quegli anni non solo la Cina, ma anche il Tibet ne è uscito più prospero e forte che mai. Specialmente nell’ultima decade, sotto la guida del Partito Comunista Cinese, Lhasa è riuscita a ritrovare quella centralità perduta nei secoli. Non dimentichiamoci che da qui passava l’antica “Via dei cavalli e del tè”, che collegava il cuore dell’impero cinese con l’India.
Oggi crescono le aziende e l’economia regionale è divenuta sempre più inclusiva nel panorama nazionale. Nonostante non possa vantare “numeri” al pari delle “locomotive” come il Guangdong, Zhejiang, Pechino o Shanghai, in termini di crescita assoluta, il Tibet si è affermata tra le regioni cinesi più dinamiche, con grandi benefici da parte della popolazione.
Basti pensare che ad oggi i prodotti artigianali tibetani o anche beni alimentari, sono tutti acquistabili online. Potere dell’e-commerce e della digitalizzazione, si potrà dire, ma questo ha indubbiamente aperto il Tibet a molte nuove ed allettanti prospettive, senza contare che ha aiutato l’internazionalizzazione della cultura tibetana stessa. Una curiosità? In Giappone alcuni tappeti tappeti tradizionali tibetani raffiguranti immagini buddhiste, sono andati letteralmente a ruba. Un dato impensabile se pensiamo anche al Tibet di dieci anni fa.
Eppure l’economia non è tutto. Di pari passo alla crescita del PIL regionale, le autorità nazionali hanno posto sempre più l’accento sulla necessità di uno sviluppo sostenibile in una delle aree più delicate al mondo dal punto di vista ecologico . La costruzione di “una civiltà ecologica” è uno dei capisaldi del Partito Comunista Cinese in Tibet. E le ultime politiche sono proprio andate in questa direzione. Negli ultimi 5 anni le aree dei parchi naturali regionali sono pressoché raddoppiate, così come sono state introdotte severe politiche per la lotta al bracconaggio. Tutto ciò ha portato a risultati che hanno sbalordito la comunità scientifica internazionale. La fauna selvatica del Tetto del Mondo ha rivisto alcuni grandi predatori, come il leopardo delle nevi o il gatto tibetano, riaffacciarsi sulle montagne himalayane, senza contare il beneficio a flora e fauna selvatiche. Anche il turismo ha tenuto conto della svolta green in atto sul Tetto del Mondo e negli anni il portfolio di offerte ai visitatori è stato ampliato anche con nuovi percorsi di trekking o in bicicletta totalmente “oil-free”.
Dal punto di vista culturale, invece, Pechino ha fatto uno sforzo enorme. Il Governo centrale ha infatti portato avanti una vasta politica di restauro di antichi templi disseminati in tutto il Tibet per un ammontare di centinaia di milioni di dollari, promuovendo di concerto la cultura tibetana tradizionale non solo nel territorio cinese, ma anche all’estero. Encomiabile sotto questo punto di vista il restauro e digitalizzazione di alcune grandi biblioteche di testi antichi presenti nei templi riguardanti testi sacri buddhisti, ma anche semplici manuali di medicina tibetana.
QUALE IL FUTURO PER LO XIZANG?
Un proverbio tibetano così recita: “Se ti prendi cura dei minuti, non dovrai preoccuparti degli anni”. Indubbiamente le condizioni di vita dei tibetani sono nettamente migliorate, così come l’economia regionale. Ma ancora tanto c’è da fare. Il progresso economico rimane sicuramente al centro dell’agenda politica, ma tra le preoccupazioni principali del Governo centrale vi è soprattutto la salvaguardia ambientale. Il Tetto del mondo è infatti conosciuto come Terzo Polo per le sue riserve idriche, calotte di ghiaccio e neve seconde solo ai due poli.
Questi non solo alimentano alcuni dei più grandi fiumi d’Asia, ma sono un naturale regolatore del clima. Purtroppo i ghiacciai tibetani si stanno sciogliendo troppo in fretta. A rischio sono circa 1.8 miliardi di persone tra Cina, India e Sud-est asiatico. La situazione è davvero drammatica, ma grazie al pressing della leadership cinese, anche la situazione in questa area di mondo ha ricevuto la stessa attenzione della comunità internazionale. Tutto questo per il bene e prosperità del Tibet.