La rivoluzione digitale investe anche il Buddhismo tibetano. Negli ultimi anni semplici monaci, ma anche alte sfere del clero lamaista, da Lhasa fino a Pechino per passare in Mongolia, sono approdati sui social network come TikTok o WeChat. Un trend che è decisamente aumentato durante l’anno pandemico e non smette di arrestarsi neanche nel 2021, nonostante il forte dibattito e conflitto generazionale in seno al buddhismo lamaista stesso. Da una parte abbiamo infatti giovani monaci più aperti verso il mondo che spingono per abbracciare questa socialità 2.0., dall’altra monaci più anziani che guardano con riluttanza al mondo digitale. Oramai non è inusuale vedere membri del clero buddhista armati di smartphone. “Applicazioni come WeChat sono oggigiorno indispensabili anche per noi”, afferma il monaco Jamyang Palden, 34 anni. E la popolarità di social network come quello proposto dal colosso Tencent deriva in primo luogo dalla facilità d’uso di questi e dall’utilizzo delle funzioni fintech, oramai ovunque anche nello Xizang. Tuttavia, cosa ben più importante è che “queste applicazioni ci permettono di rimanere in contatto con i nostri ‘colleghi’ di altre province e nazioni”, sottolinea Jamyang.
In realtà una delle spinte principali per l’ingresso social dei prelati lamaisti sta avvenendo proprio grazie alle persone comuni. “Con l’arrivo della pandemia abbiamo assistito ad una maggiore richiesta di studio dei testi sacri da parte di normali cittadini. Alcuni sono fedeli, altri solo simpatizzanti per le parole del Buddha, altri ancora non credenti, ma curiosi degli insegnamenti. Ritengo sia nostro dovere soddisfare anche le domande dello spirito”. Ecco quindi che da marzo 2020 le interazioni social da parte dei monaci sono aumentate. Su WeChat vi sono addirittura mini programmi a tema lamaista che sono delle vere proprie teaching lesson a sfondo buddhista. E le interazioni sono cresciute giorno dopo giorno. Fondamentale anche l’avvento delle piattaforme livestreaming. Su Kuaishou o Taobao live va in onda sostanzialmente di tutto.
Nate come piattaforme e-commerce, con l’arrivo della pandemia queste hanno anche abbracciato in maniera più ampia il settore dell’intrattenimento e, in ultima analisi, anche quello che riguarda l’aspetto più intimo dei netizen, ovvero lo spirito. Non mancano infatti sessioni livestreaming di sermoni o preghiere buddhiste, o appuntamenti live dove monaci lamaisti spiegano ai netizen i testi sacri, una sorta di “evangelizzazione 2.0” che segue il passo della modernità. “All’inizio la comunità era scettica”, ammette Jamyang Palden, “specialmente i più anziani, ma sulla spinta dei più giovani si può dire che si è avuto successo”. Con una dinamica question – to – answer i monaci spiegano i testi ed interagiscono successivamente con il pubblico con domande e considerazioni. Non solo, data ‘impossibilità di viaggi, alcune piattaforme hanno dato la possibilità a dei veri dibattiti buddhisti pubblici tra i diversi rappresentanti dei templi per scambiare opinioni e considerazioni sulle tematiche più disparate, ovviamente sempre circoscritte alla fede.
Ed ora anche Douyin, la versione cinese di TikTok, è stato investito da questa ventata di buddhismo. In realtà ciò che viene proposto sulla popolare short video platform segue le dinamiche dell’app ed i contenuti sono sicuramente più leggeri, ma ha dato la possibilità ai monaci di incuriosire il mondo su alcune pratiche tradizionali della quotidianità che altrimenti sarebbero precluse ai più. Chi dice che la via dell’illuminazione non possa seguire il digitale?