L’essenza della vita nomade, da secoli, significa libertà. Questi, vivendo nelle tende e cavalcando nella grandi e verdi praterie, hanno ispirato nell’immaginario collettivo vira quali integrità, coraggio e generosità. Tutti principi che possiamo ritrovare anche nei nomadi tibetani.
Nonostante il nuovo millennio, questi sono ben radicati e saldi, soprattutto nei loro usi e costumi, all’interno dei confini del Tibet. Al dire il vero questi vivono anche nel cuore della Cina continentale, nelle province del Sichuan, Gansu e Yunnan; oltre che in Buthan ed in piccola parte in Nepal.
GLI EROI TIBETANI PIU’ FAMOSI? ERANO TUTTI NOMADI
Sicuramente l’immagine dei nomadi tibetani è stata più volte romanzata, non solo dai film, ma anche e specialmente dalla letteratura. Tuttavia è altresì vero che molti degli eroi tibetani che per secoli sono stati i protagonisti di ballate e romanze, sono stati proprio nomadi. Così come i principali re tibetani. Perché quindi conoscere dia vicino queste persone? Per il semplice fatto che nella nostra vita scandita da smartphone ed ogni altra tecnologia possibile, vedere da vicino i nomadi tibetani ci può dare un significato diverso di ciò che significa vivere. Certo, questi non disdegnano la modernità, ma, andando avanti nel nostro percorso di conoscenza, ci accorgeremo come i nomadi non hanno mai perso la loro stretta connessione con la madre Terra, con gli elementi della natura e di come sopravvivere alle avversità e ddi come allevare gli animali.
E non dimentichiamoci che furono proprio i nomadi tibetani a costruire oltre 1300 anni fa uno degli imperi asiatici più potenti ed estesi.
I nomadi tibetani seguono ancora al giorno d’oggi lo stile di vita dei loro antenati, vivendo nelle tende o come seminomadi in villaggi temporanei stagionali. Si dedicano principalmente al pascolo degli yak, l’animale simbolo delle montagne himalayane. Ma non solo. Nell’immaginario collettivo infatti l’essere nomade equivale ad essere pastore, ma i nomadi tibetani sono da sempre abili mercanti. Da oltre 2000 anni questi si dedicano al commercio scambiando sale, lana e burro con altre risorse, non reperibili sull’altopiano, come il riso e il tè. Sono famose le carovane del sale che attraversano l’Himalaya per andare a sud verso Nepal, Sikkim, Bhutan e Ladakh. Una abilità, quella commerciale, che si sviluppò con la “Via del Tè e dei Cavalli” e che non cessò mai sia regni tibetani, sia sotto l’egida dell’impero cinese. Anzi, spinti anche dal Buddhismo, i commercianti nomadi divennero alcuni dei principali mercanti della regione.
SI AL BUDDHISMO, MA VIVONO ANTICHE TRADIZIONI ABORIGENE
Diverso il discorso per quanto riguarda la religione. Certamente questi hanno abbracciato nel tempo il buddhismo tibetano, ma senza mai allontanarsi del tutto dalle loro credenze aborigene. Uno degli elementi più adorati? Ovviamente la natura. La sublime bellezza del paesaggio tibetano ha ispirato per secoli il rispetto per l’ambiente tra i nomadi, dando un significato speciale ad alcuni aspetti fisici del paesaggio. Queste convinzioni hanno intriso le montagne di qualità divine. Non è un caso che qui, in Tibet, la geografia sacra. Il Monte Kailash, ad esempio, è la montagna sacra più famosa., mentre altre importanti montagne sacre includono Nangchen Thanglha e Targo Rinpoche nel Tibet centrale, Amnye Machen nell’Amdo e Kawa Karpo nel Kham. Queste montagne sacre sono viste dai nomadi come le dimora di dei o divinità e sono adorati di conseguenza.
Questi hanno inoltre i loro rituali per placare gli dei della montagna e le divinità dei laghi. Bruciare l’incenso, solitamente rami di ginepro, è una parte importante dei rituali eseguiti dai nomadi così come anche l’offrire preghiere agli dei, esaltandone il potere e le virtù, sono tra gli usi dei nomadi. Come altri tibetani, i nomadi vanno spesso in pellegrinaggio per circumambulare montagne e laghi sacri. Alcuni anni sono più propizi di altri per fare pellegrinaggi. Ad esempio, un pellegrinaggio al Monte Kailash nell’Anno del Cavallo equivale a fare tredici circumambulazioni in qualsiasi altro anno Per il lago sacro, Namtso, l’Anno della Pecora è il momento migliore per andare in pellegrinaggio.
E nella casa? Il camino, o focolare, in una tenda nomade è particolarmente sacro. La contaminazione del focolare da parte del latte versato o della carne animale bruciata può essere dispiacere ai Signori della Terra. Se il latte bolle nel fuoco, un nomade metterà rapidamente alcuni rami di ginepro sul fuoco per placare gli spiriti. Molte di queste credenze e rituali derivano dalla religione “popolare” Bon del Tibet.Quando Padmasambhava introdusse il Buddismo in Tibet nel VII secolo, incorporò nella nuova dottrina buddista molte delle credenze e degli insegnamenti popolari più antichi della religione Bon del Tibet che era praticata prima del suo arrivo. Il paesaggio dell’altopiano tibetano e dell’Himalaya e il le convinzioni popolari originali avevano plasmato la sensibilità degli abitanti in un modo che era favorevole alle credenze buddiste: l’idea della rinascita era una di queste. La fede nel karma serviva a influenzare il proprio comportamento morale. Ancora oggi le credenze dei nomadi condizionano le loro azioni.
TRA MODERNITA’ E TRADIZIONE
Negli ultimi decenni sono avvenuti molti cambiamenti che hanno trasformato l’uso tradizionale dei pascoli. Questi cambiamenti hanno incluso lo stesso processo di modernizzazione. I prodotti caseari di alcuni gruppi di nomadi ad esempio hanno raggiunto punte di eccellenza riconosciute in tutta l’Asia, tanto che alcuni ristoranti stellati di Tokyo, per citare un esempio eclatante, servono burro di yak e formaggi tibetani prodotti proprio…da nomadi! E commerciati attraverso canali e-commerce. Magia del progresso, si dirà. Ed in parte è anche vero, ma è tuttavia importante sottolineare un punto: Nonostante l’andare avanti della lancetta del tempo, i nomadi non si sono mai allontanati del tutto dalle loro origini che vede nella Madre Terra la forza generatrice di tutte le cose.