Niente più partite in Tibet. Le poche società calcistiche tibetane hanno chiuso ufficialmente i battenti. Questa la decisione della Federazione Calcistica cinese. Il motivo? Nessuna decisione politica alle spalle, bensì un problema che il Tibet condivide con altri paesi al mondo: manca l’aria in alta quota.
Non dimentichiamoci che Lhasa con i suoi 3.650 metri sul livello del mare è una delle città più alte del mondo. Basti pensare che durante le partite gli arbitri erano soliti sospendere anche per 10 o 15 minuti le partite per far riprendere letteralmente fiato ai giocatori non abilitati a correre a queste altitudini. Non sono mancati inoltre anche episodi di ricovero. Sicurezza dei giocatori in primis, ha deciso la Federazione Cinese.
Ecco quindi che il Lhassa Chengtou, la principale squadra tibetana, ha chiuso definitivamente le porte del suo club. Non manca tuttavia il rammarico. “Volevamo essere una finestra sul mondo per il calcio tibetano, abbiamo fatto del nostro meglio per ospitare partite in Tibet, ma inutilmente”, ha scritto su Weibo (il Twitter cinese) il club tibetano. Tuttavia, si legge sempre, che “comprendiamo le difficoltà espresse dalla federazione”. A far traboccare la goccia dal vaso è stata l’ultima partita giocata con il Shenzhen Pengchen dove ben 6 su 11 giocatori sono usciti dal campo di gara in barella e trasportati con urgenza in ospedale per crisi respiratorie.
Il Tibet condivide quindi un problema che è comune anche ad alcuni paesi dell’America Latina come la Bolivia (La Paz si trova a 3.600m sul mare), Colombia (Bogota con i 2.600m) ed Equador (Quito, 2.800,). La geografia tibetana ha quindi evidenziato un forte handicap allo sviluppo del calcio locare. D’altronde, come sottolineato dall’agenzia di stampa Xinhua “tutta la terra disponibile in Tibet si trova oltre i 3.000m di quota!”