Hanno scattato tante foto e stanno raccontando tante stories, i nostri tre social influencer – Laura Comolli, Roberto de Rosa e Nicolò Leone – in viaggio tra Chengdu e Lhasa nell’ultima settimana di agosto assieme al nostro amico di I SAY, Alex Zarfati. Un ritorno sul “tetto del mondo” che aspettavamo da tre anni, curiosi di sapere cosa fosse cambiato – e come – sul “tetto del mondo”. Notizie che sono infatti arrivate, come tante cartoline che ci parlano di una maggiore vitalità, di una diversa prosperità e di vere opere greennel frattempo portate avanti con successo.
Una nuova imprenditoria
Il Tibet sta fiorendo, in primo luogo come turismo. Grazie alle infrastrutture, merci altrimenti irreperibili a quelle altezze ora arrivano in un solo giorno dalla Cina continentale. Mentre il “Tibet Express”, vero miracolo di ingegneria sul permafrost, sta portando moltissimi visitatori sia interni, sia internazionali. E questo ha fatto apparire decine di negozietti di fotografi, che affittano costumi tradizionali e fanno interi servizi, ma anche risciò e persino taxi.
Residenti, soprattutto giovani, che – dai trasporti e i luoghi di pernottamento a quelli di ristoro – oggi lavorano nella ricezione. Ristoranti nepalesi, indiani e di cucina Sichuan che si mischiano alle tradizioni gastronomiche locali e persino la “pizza allo Yak”. Onnipresenti bombolette di ossigeno, simili a piccoli thermos da caffè, e – nell’ufficio postale più alto al mondo – prodotti artigianali assieme ai francobolli e alle affrancature speciali.
Musiche e spettacoli d’acqua nella piazza davanti al Potala, mentre sulla storica Barkhor Street sono nate mille bancarelle dove esercitarsi nell’antica usanza di (garbatamente) discutere sul prezzo. Una nuova piccola imprenditoria, tradizionale e moderna, che spazia dai mobili antichi, i tappetti fatti in lana di capra himalayana e gli oggetti per le cerimonie buddhiste alle famose pietre Xi, i dipinti tradizionali (Tangka), i thè e gli incensi, l’abbigliamento tradizionale e il vestiario moderno da trekking.
Sempre più sport
Già, lo sport. Perché in una terra che pratica da sempre il tiro con l’arco e che ama gareggiare ogni anno – anche durante splendidi festival annuali dedicati – nelle prove sugli yak, in quelle a cavallo senza sella e nel wrestling, sono sempre più numerosi i residenti giovani e meno giovani che si sfidano nelle gare atletiche. Mezza maratona di Lhasa in primis, quest’anno vinta da due tibetani in tempi davvero eccezionali a quell’altitudine, dove le stazioni di servizio lungo il percorso distribuiscono bottigliette di ossigeno al posto dell’acqua.
Nel segno della sostenibilità
I leggendari luoghi della Spiritualità come il Palazzo del Potala o il Monastero Sera sono protetti dalla troppa affluenza con accessi contingentati e garbate “istruzioni” all’entrata. Parliamo di un turismo ancora slow, che chiama il visitatore a conoscere e rispettare la sostanza e le forme di una visione di fede e – allo stesso tempo – cultura antica. Entrambe profondamente legate alla Natura e a una sostenibilità ante literam.
E a proposito di sostenibilità: ricordate Phurbu Namgya che per tutta la vita ha piantato e curato alberi, portando tutte le generazioni della sua famiglia a imparare e a proseguire questa meravigliosa opera? Ora la Cina e la comunità tibetana lo stanno facendo in grande. Un progetto per l’afforestazione di 137mila ettari tibetani, annunciato nel 2013 e da completare entro il 2030, che già oggi vede la metà di questo territorio classificata come area ambientale protetta. Grazie a circa 30 specie selezionate e piantate – sia di alberi, sia di copertura vegetale delle praterie. Che permettono tre cose davvero vitali: stoccare più acqua, ridurre il carbonio e avere più ossigeno.
Ma non basta: negli ultimi anni, nel Tibet sono stati costruiti impianti per oltre 17 milioni chilowatt di energia pulita. Tra la centrale geotermica di Yangyi, quella solare e idroelettrica di Kela, quella eolica di Chigu e l’impianto fotovoltaico di Nagqu – al quale si sta aggiungendo il maggiore Parco eolico ad alta quota – il Tibet sta cambiando volto. Perché si tratta di affrontare e risolvere prima possibile e meglio possibile la desertificazione, la perdita di biodiversità e, in generale, i problemi generati dai cambiamenti climatici e dalle incredibili “connessioni a distanza”. Cioè – e questa è un’altra notizia recente – dagli effetti della deforestazione amazzonica sulle temperature dell’altopiano tibetano, come dimostrati da una ricerca scientifica cinese.
Bisogna tornare, nel Tibet: il “Tetto del Mondo” è più vitale che mai.
Guardiamo le stories dei nostri amici da Chengdu e Lhasa
Laura Comolli > https://www.instagram.com/lauracomolli/
Roberto De Rosa > https://www.instagram.com/robertoderosa/
Nicolò Leone > https://www.instagram.com/nicoleo__/
Alex Zarfati > https://www.instagram.com/eighthands/
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