Nonostante le alte latitudini, nel tempo, non hanno permesso la nascita di una ricca e variegata produzione agricola, la cucina Tibetana è fortemente influenzata dai paesi vicini come India, Pakistan, Cina e Nepal, ma è meno saporita, più leggera e meno varia rispetto alle aree sopracitate. Uno dei motivi, come dicevamo, è soprattutto la scarsa produzione di materie prime in quanto il territorio non solo non è bagnato dal mare, ma è quasi tutto composto da montagne sopra i 4000 mt. Un altro motivo è il credo religioso: in questo territorio sono professate tre fedi religiose: il Buddismo, l’Islam e l’Induismo.
La dieta quotidiana è quindi basata su pasti semplici e frugali, composti da cereali e carne, mentre le verdure non si trovano facilmente e sono solitamente importate da altre aree della Cina. Molto importanti sono anche i latticini come formaggio, burro e yogurt ottenuti dal latte di yak, il bovino dal pelo lunghissimo, che pascola nelle valli tibetane.
L’elemento che non manca mai è la Tsampa, farina di miglio tostata impastata con acqua e zucchero, che viene mangiata ad ogni ora, spesso accompagnata da un ricco tè salato al burro di yak. L’alimento base della popolazione tibetana è infatti l’orzo, l’unico cereale che può crescere in condizioni estreme di altitudine e siccità. Dall’orzo tostato si ricava appunto questa nutriente farina, spesso consumata in polvere, oppure impastata con l’acqua per ottenere grosse pallem ripassate nella farina fresca per evitare l’essicazione e facili da conservare nella bisaccia per il viaggio. La tsampa viene utilizzata sia per confezionare la pasta, sia per la preparazione di bevande, con l’aggiunta di zucchero, latte, yogurt, oppure mescolata nel tè e nella birra locale.
Poco conosciuta al di fuori dei confini Tibetani, molto aprezzata è la thenthuk, una pasta servita sotto forma di noodles o “tagliatelle”, si trova cucinata con verdure o carne, cosi’ come i momo, golosi ravioli ripieni cotti al vapore.
Come detto, la carne occupa uno spazio importante tra la popolazione dello Xizang. Questa la si trova secca o bollita, spesso speziata e piccante, e se al turista viene offerto coda o lingua di Yak è considerato un grande onore, poiché sono le parti più morbide e saporite dell’animale. Tuttavia un discorso più approfondito merita l’utilizzo di questo alimento. Nell’Altopiano tibetano convivono tre fedi religiose, con diverse pescrizioni alimentari: buddismo (la più diffusa), induismo e islam. La carne è solitamente esclusa dai pasti ufficiali per motivi religiosi. Gli indù adorano mucche e tori come divinità e considerano sacri tutti i loro prodotti, perciò seguono un rigoroso regime vegetariano, che essi considerano segno di purezza.
I buddisti si astengono dalla carne, benchè non vi sia espresso divieto perchè professano il rispetto di ogni forma di vita ne giustificano l’uccisione solo per necessità, come la sussistenza. Alcuni buddisti non mangiano prodotti di origine animale, incluse uova e latte. Altri evitano le cosidette “cinque spezie”, aglio , cipolla, erba cipollina, scalogno e porri, perchè temono che il loro forte aroma possa eccitare i sensi e ostacolare la liberazione o il controllo dei desideri, mentre il divieto islamico di mangiare carni impure (maiali e derivati), animali morti naturalmente e animali acquatici che vivono anche fuori dall’acqua (granchi e anfibi), consente di cibarsi solo di carni pure, ottenute con la macellazione di rito mussulmano perciò i pochi macellai tibetani sono musulmani, tra le carni sono saltuariamente cucinati il montone, il pollo e lo yak, quest’ultimo solo per celebrare particolari eventi. Una specialità è la carne essiccata di agnello o di yak, tagliata e lasciata essiccare vicino ai villaggi.