In Tibet i grandi templi, divenuti vere e proprie cattedrali, mantengono la pianta basilicale con diversi piani sormontati da tetti di stile cinese con coperture di rame dorato. Tipico esempio è il Jokhang di Lhasa dove ai lati della navata principale si situano cappelle di divinità varie e stupa, il tutto concluso nella parete di fondo dall’immagine gigantesca del budda principale (Jo-Bo) cui è dedicato il santuario. In Giappone, Cina e Corea i templi hanno caratteristiche strutture di legno con gli alzati sorretti da mensole e tetti spioventi con tegole di terracotta.
Un’ulteriore tipologia degli edifici sacri buddhisti è lo ´sikhara che accoglie elementi del caitya e dello stupa. Lo ´sikhara è un monumento a forma di piramide tronca molto allungata, generalmente fatto di mattoni che racchiude la cella della divinità (garbhagrha).Tale tipologia ebbe origine ad Aihole e a Pattadakal nella regione indiana del Deccan. Uno dei principali templi a ´sikhara è quello di Bodhgaya in Bihar, luogo in cui il buddha ottenne l’illuminazione. L’edificio attuale è una ricostruzione moderna, ma molto simile all’originale ricordato in un medaglione scolpito del I o II secolo d.C. (oggi nel Museo di Patna). A parte alcune zone limitrofe all’India, come la valle di Kathmandu nel Nepal, il tempio a ´sikhara nel buddismo, al contrario dell’induismo, non ebbe grande diffusione.
Alcuni edifici buddhisti vennero costruiti con singolari e grandiose costruzioni. Il Borobudur (IX secolo d.C.) nell’isola di Java si distingue per le sue dimensioni colossali, si erge come una collina artificiale, disposto a terrazze successive con camminamenti riccamente scolpiti che conducono allo stupa finale posto sulla sommità dell’edificio. Il monumento è orientato secondo i punti cardinali ed osserva una pianta a mandala, massima espressione simbolica dell’architettura sacra del buddhismo mahayana. Lo scopo di tali costruzioni colossali è giustificato dalla teoria del merito (punya) secondo cui ogni fedele deve accumulare molto karma positivo per ottenere benefici nella vita attuale e in quelle future, per cui più grande è la costruzione, più tale merito si accresce. A tale concetto possono ricondursi altri singolari monumenti buddhisti come i giganteschi buddha, oggi distrutti, di Bamyan in Afghanistan, il Bayon di Angkor Thom in Cambogia o stupa giganteschi come il sKu-‘bum di rGyal-rtse in Tibet.
Da sempre il sostegno del clero (sangha) è stato essenziale per il successo del buddismo. Dovunque nel mondo vi è il dharma, inevitabilmente si incontra anche il sangha e la caratteristica costruzione che manifesta l’esistenza di quest’ultimo è il monastero (vihara). Durante il periodo monsonico i monaci erano costretti ad una sosta nel loro vagabondare per riunirsi in luoghi riparati. Il budda stesso specificò che tale ritiro doveva essere fatto in comune con funzioni collettive chiamate vassavasa. Tale ritiro nel tempo venne a consolidarsi sempre di più e i monaci si stabilirono in padiglioni o giardini recintati nei pressi dei centri abitati. Tale ricovero fu la base per i primi monasteri chiamati sangharama. Questi erano composti da un muro di recinzione che racchiude le abitazioni dei monaci, che costituivano il vihara vero e proprio. Col tempo si aggiunsero ulteriori spazi funzionali, come le sale di riunione (upatthana sala), i mandapa, portici colonnati usati come riparo, camere (kotthaka), cucine, pozzi, luoghi per i bagni e piccole piscine. Come nel caso dei caitya, dei primitivi vihara costruiti in legno o mattoni nulla ci è pervenuto. I più antichi che oggi possiamo ammirare sono i monasteri scavati nella roccia detti anche guha, con una sala quadrata sui lati della quale si aprono le celle dei monaci.
Nel Tibet sorsero centri monastici di grandi proporzioni come le tre università della valle di Lhasa, ‘Bras-spungs dGa’-ldan e Se-ra, costruite nel XV secolo. Al contrario dei grandi centri monastici dell’India, da cui traevano origine, che avevano una struttura architettonica derivata dal simbolismo mistico delle piante a mandala, i monasteri del Tibet seguivano criteri costruttivi tipici della propria civiltà. Ispirandosi all’architettura del castello fortificato (rdsong), essi si sviluppano costeggiando il dislivello dei pendii, acquisendo esteriormente l’aspetto di vere e proprie città fortificate.