hiunque sia andato in Tibet per viaggio è tornato sicuramente con un bagaglio di esperienza ricco di emozioni. Il Tibet è una regione che rimane nel cuore per la sua bellezza austera delle montagne e per la cultura millenaria che si può respirare a quelle latitudini. Per un visitatore ciò che colpisce è loo sguardo sorridente dei tibetani, la compassione dei monaci, il rispetto profondo di tutto ciò che la vita offre e che potrebbe per questo in passato essere stato un nostro caro estinto. E come non parlare del cibo? Le grandi bistecche di carne di yak accompagnate ad un fresco e profumato tè al gelsomino sono tra i cibi più semplici, ma apprezzati, di tutto l’Altopiano.
Le sensazioni che un viaggiatore prova a camminare per le vie di Lasa sono infinite, ed è impossibile descriverle se non tramite l’esperienza. Il grande e mastodontico Palazzo del Potala è il segno di un giogo medioevale oramai perduto, ma al tempo stesso emana riverenza e rispetto. Al calar del sole, le sue pareti si tingono di una luce purpurea che è indescrivibile dalla sua bellezza. Per le strade della capitale, si può respirare la storia, la benevolenza e l’orgoglio di un popolo che ama il rispetto e tramandare delle proprie tradizioni. Non è un caso imbattersi in bambini che pregano il Buddha in ginocchio come se fosse un gioco, ma a guardare con attenzione ci si accorge che nell’innocenza puerile dei fanciulli, vi è una scintilla di vera fede, tramandata da padre in giglio di generazione in generazione. Il freddo pungente delle valli, è mitigato dai colori caldi e variopinti degli abiti delle donne tibetane, che intrecciano a mano i fili di seta color turchese, viola o rosso scarlatto.
Madre Natura, maestosa e benevola, è la padrona indiscussa di questa regione. La valle di Tingri a 4500 metri di quota con la catena dell’Himalaya che la circonda come una corona sul capo di un re è un panorama da mozzare il fiato, ed ancora l’Everest, che quando lo si vede spuntare tra le nubi con la sua vetta arancio dal tramonto al campo base suscita negli scalatore un timore reverenziale, mentre sulla cima del monastero di Rongpuk si può accarezzare la magia del vento, che, continuando a salite fino a 5000 metri che ti taglia le guance e gela le dita delle mani. A quelle altitudini si è da soli, senza alcuna compagnia, ma quando meno lo si aspetta, ecco che e a 5200 o a 5400 è possibile incontrare i pastori locali con le capre e gli yak nelle loro tende tradizionali.
Tuttavia il Tibet non è solo alte montagne, è anche lussureggianti valli e fiumi impetuosi. Ovunque i sensi giovano della bellezza dei colori della natura, ovunque c’è un odore di erba fresca, oramai dimenticata nelle grandi città, come quel misticismo dei monaci tibetani che, in pellegrinaggio da un monastero all’altro, recitano i mantra dei canoni tibetani con la devozione propria di un vero fedele.