Continua il nostro viaggio lungo l’arco delle festività annuali tibetane.
Nel mese di giugno, con l’arrivo dell’estate, comincia il periodo migliore per visitare il Tibet dal momento che ha inizio la stagione più calda: le massime arrivano a superare, in media, i 22° mentre le minime si aggirano intorno ai 10°. Tra il quindicesimo e il diciottesimo giorno del quinto mese del calendario tibetano, è opportuno spostarsi verso Gyantse, la terza città per grandezza dello Xizang, facilmente raggiungibile perché attraversata dalla cosiddetta Autostrada dell’Amicizia, la strada che congiunge la Cina a Katmandu in Nepal. Famosa per Kumbum, stupa dalla magnifica architettura poso all’interno del Monastero di Palkhor Choide, ospita la festa della corsa dei cavalli, evento che, si dice, sia iniziato sotto forma di gara di atletica nel XV secolo. Nella piana fuori della città, una tendopoli ogni anno ospita gli abitanti dei villaggi della regione che arrivano per i festeggiamenti, gli atleti e gli artisti competono, si divertono e godono dei colori dei fiori che in questo periodo dell’anno sbocciano sulla pianura verde; i divertimenti e i giochi includono anche la corsa degli yak, il tiro con l’arco ed eventi equestri che richiamano numerosi visitatori da ogni parte dell’altopiano e della Repubblica Popolare, motivo per cui il Governo centrale di Pechino, al fine di sfruttare al meglio le potenzialità turistiche della ricorrenza sta cercando di fissare una data precisa in relazione al calendario gregoriano. Nell’occasione, al tramonto, viene srotolato un thangka vecchio di circa 500 anni. Dopo aver partecipato ai giochi di Gyantse, si può prendere la via per Shigatse non prima, però, di essersi spinti verso est, dopo un viaggio di circa otto ore che porta a Lhoka, nella parte sudorientale dell’altopiano. Qui, il decimo giorno del quinto mese, si tiene la festa del monastero di Dorje Drak, dove si può assistere alla performance dei monaci in danze Cham.
La destinazione successiva è, come detto, Shigatse, la seconda città dello Xizang. Dal quattordicesimo al sedicesimo giorno del quinto mese il monastero di Tashilhunpo, fondato nel 1447 dal primo Dalai Lama Gendun Drup, diventa scena per tre giorni di festa conosciuti anche come festa dell’esibizione del Buddha che vede il proprio culmine nel raggiungere il suo culmine nel momento in cui viene svelato un enorme thangka di circa quattro piani di altezza issato su una torre dietro il monastero.
Il quindicesimo giorno del mese, a fine giugno circa, in tutto lo Xizang si accendono incensi perché tradizione vuole che gli spiriti maligni si aggirino in cerca di un uomo da conquistare; se lo spirito di questi è, però, felice, l’entità maligna non riesce a prenderne il possesso ed è per questo motivo che si fa festa e i tibetani si vestono con gli abiti migliori.
Il sesto e il settimo mese del calendario tibetano, luglio-agosto, risentono dell’influenza dei monsoni che si manifestano con cielo coperto e piogge di intensità variabile, gli annuvolamenti riducono la visibilità delle montagne della catena himalayana ma l’altopiano assume un aspetto verdeggiante. È la stagione del lavoro nei campi e non mancano anche in questo periodo le feste. Facciamo in modo di essere a Lhasa il quarto giorno del sesto mese per presenziare alla festa che celebra il primo sermone di Buddha a Sarnath, vicino Varanasi, in India. Centro dell’attenzione è il monastero di Drepung: alcuni pellegrini risalgono il Gambo Utse, monte che sovrasta l’edificio religioso, mentre altri bruciano incenso di ginepro.
Il decimo giorno, invece, si animano i monasteri Nyingmapa, i monaci dal cappello rosso, il più antico dei quattro lignaggi del buddismo tibetano, per l’anniversario della nascita di Guru Rimpoche, il prezioso maestro, venerato come secondo Buddha. Altro lignaggio è quello della scuola Gelug, la scuola dei berretti gialli, che il quindicesimo giorno del sesto mese celebrano la festa del monastero di Ganden che si trova a trentasei chilometri da Lhasa, ad una quota di 4750 metri sul livello del mare: qui vengono mostrate ai fedeli le venticinque reliquie più sacre solitamente tenute rinchiuse. Appena fuori dalla capitale, il monastero di Drepung festeggia il trentesimo giorno con i monaci che si esibiscono nel cortile principale ma l’evento principe del periodo è senza dubbio lo Shoton, il banchetto dello yogurt, che si tiene nella stessa capitale nella prima settimana di agosto, il settimo mese del calendario tibetano, evento che attrae più di un milione di visitatori e turisti. Il nome di questa festa proviene dal fatto che, tradizionalmente, dopo che il monaco ha praticato l’ascetismo, la sua famiglia lo saluta con formaggio, danze e canti. La festa dura molti giorni nei quali gli splendidi giardini del Norbulingka (complesso il cui nome in tibetano significa giardino del tesoro, a 4 chilometri dal Potala, occupa un’area di 360.000 metri quadrati, inserito nella lista dei beni dell’umanità dell’UNESCO nel 1994) sono pieni di gruppi di persone che si divertono protette dal vento, tra pareti sospese ricoperte da tappeti allegramente colorati e cotone stampato mentre i falò sono comuni durante le ore notturne.
Il Festival Shoton è diventato una celebrazione globale capace di influenzare la cultura dello Xizang dal momento che si tratta di una grande occasione sia per i tibetani che per i turisti, un momento di scambio, concorsi, spettacoli e intrattenimento; assistere al festival offre ai visitatori una sensazione speciale e un’occasione per conoscere il Tibet e la sua cultura: nel parco della vecchia residenza estiva del Dalai Lama, i visitatori si riuniscono per festeggiare mangiando yogurt e guardare le opere tibetane ogni anno eseguono nel Norbulingka varie rappresentazioni che durano tutto il giorno con suoni contrastanti di cembali, campane e tamburi. È il Lhamo, parte integrante della festa e della cultura dell’altopiano, espressione artistica dal carattere secolare le cui rappresentazioni si basano su racconti completi tratti dalla storia, leggende, racconti e biografie: originato nel Tibet centrale, potrebbe essere stato tratto da fonti come spettacoli cerimoniali del periodo imperiale tibetano (VII – IX secolo), canti e danze locali e il dramma buddista indiano. Queste opere costituiscono un repertorio e una decina di copioni la cui rappresentazione è un evento apprezzato dal popolo che, in linea di massima, si divide in tre parti: un’introduzione (o cerimonia purificatrice), l’opera propriamente detta e una cerimonia conclusiva. Il lhamo non è mai diviso in atti e a legare i vari momenti dell’azione vi è un narratore che riassume quanto si è visto e annuncia ciò che sta per accadere. Ogni personaggio si esprime con una propria melodia e viene talvolta accompagnato dagli altri.
Ma l’opera tibetana non si conclude soltanto nel repertorio della tradizione. Con lo sviluppo del suo turismo, la vita di intrattenimento a Lhasa è progressivamente arricchita. Oltre a ristoranti e bar, ora ci sono ancora più opzioni di intrattenimento per i turisti affamati di cultura: quando scende la notte, infatti, teatri di Lhasa cominciano a riempirsi per straordinari spettacoli come La felicità sulla strada (15) e Himalaya. La felicità sulla strada è una performance su larga scala che offre una fusione tra la canzone popolare tibetana e la danza, il primo spettacolo del paese per esplorare e interpretare l’arte tibetana ed esprimere la felicità e l’armonia. Nel 2008 è stato definito la quintessenza dell’arte scenica tibetana offerta ai Giochi Olimpici di Pechino. Lo spettacolo utilizza la poesia, il canto e la danza per raccontare una storia del popolo tibetano: i colori verde, giallo, bianco, rosso e blu corrispondono all’acqua, suolo, vento, fuoco e cielo e costituiscono la struttura della performance teatrale che porta sul palco famosi artisti tibetani e cinesi.