Oggi inizieremo a pubblicare alcuni articoli relativi alle festività tibetane, al fine di meglio comprendere quali tradizioni sono racchiuse nelle alte montagne all’altopiano, nonché per scoprire la parte più intima della spiritualità dell’animo del popolo tibetano.
Per prima cosa è doveroso sottolineare come in Tibet, così come nella Cina continentale, non viene seguito il calendario gregoriano, ma quello tradizionale lunare cheancora oggi scandisce le feste tradizionali a queste vette. Curioso è altresì notare come ogni stagione racchiuda un vero universo di festività tradizionale con colori, sapori, odori tutti propri e l’uno diverso dall’altro. Una delle feste più sentite è lo Shoton Festival. In realtà questa è che una delle feste più comuni che si celebrano nello Xizang dal momento che viene festeggiata ogni mese, quando c’è la luna piena o la luna nuova, c’è una festa. I giorni di festività in Xizang sono parte importante ed integrante dell’interazione sociale e si tengono in concomitanza con particolari giorni del calendario tibetano, basato sul ciclo lunare che, paragonato a quello gregoriano occidentale, resta indietro di circa un mese.
Come in altre civiltà e comunità asiatiche, il Capodanno, tra tutte le feste, occupa un posto di rilievo nel calendario. Esso segna un momento di passaggio, un nuovo periodo si inaugura sotto gli auspici di rinnovamento e prosperità futura mentre uno si chiude e viene lasciato alle spalle. In Xizang, l’inizio del nuovo anno, in tibetano Lo-sar (lo, anno, era; sar, nuovo) nella traslitterazione Wylie (2), è la festa più importante ed i festeggiamenti si estendono per 15 giorni. L’etimologia della parola testimonia come l’agricoltura fosse anticamente determinante nella vita del popolo tibetano: un’unica parola tibetana, lo, significa, al contempo, anno e raccolto. Ancora nel Tibet moderno si distinguevano l’antico Anno Nuovo degli Agricoltori (so-nam lo-gsar), che si celebrava al decimo o undecimo mese lunare, dall’Anno Nuovo del Re (rgyal-po lo-gsar) che cade, invece, nel primo mese e che, è stato introdotto posteriormente dai Mongoli (3). Il so-nam lo-gsar, il Capodanno degli agricoltori, si celebra ancora in talune città come Shigatse, seconda città per importanza dopo la capitale Lhasa e maggior area di produzione cerealicola dello Xizang. Qui, nella parte orientale dell’altopiano, la prima settimana del dodicesimo mese (intorno al nostro mese di gennaio) quando le temperature si spingono una decina di gradi al di sotto dello zero, differentemente dalle tradizioni di Lhasa, i residenti celebrano la venuta del nuovo anno lavandosi i capelli dopo aver pulito le loro case e disegnano sul muro gli otto simboli di buon auspicio del buddismo (4), perché tradizione vuole che questo rituale porti benefici alle famiglie degli uomini dai capelli neri e lucidi. La vigilia di Capodanno si tiene la cerimonia per scacciare gli spiriti maligni dell’anno appena trascorso. All’alba del giorno di Capodanno i giovani e le donne si alzano e, vestiti a festa, alcuni di loro salgono sulle colline per appendere nuove bandiere di preghiera per il villaggio mentre monaci ballerini e abitanti dei villaggi ballano danze rituali accompagnati dal suono dei tamburi. Ci informa il tibetologo Rolf Stein che il so-nam lo-gsar è accompagnato da un’usanza degna di nota, quella che vuole che per alcuni giorni i servitori non lavorino, siano riccamente vestiti e trattati con rispetto dai loro padroni dai quali ricevono doni e inviti a banchettare con loro in una sorta di rappresentazione di un carnevale della Cina antica (Da Nuo), il mondo alla rovescia, che caratterizza il periodo ambiguo che governa il passaggio tra i due anni; nel ciclo delle epoche cosmiche, kalpa, infatti, la fine dell’epoca attuale sarà segnata dal rovesciamento delle strutture riconosciute dalla società, e in particolare dal fatto che i servi comanderanno sui padron